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Mostre

Qui in basso potete trovare una selezioni di testi riguardanti le mie mostre ed una serie di link riguardanti Me ed il mio Lavoro disponibili su internet.

Rome Art Week 2024 – “I COLORI DEI SENTIMENTI”
Biblioteca Angelica – Roma

2024 Ottobre Roma 14/10 MOSTRA PERSONALE DI MARIA PACHECO CIBILS

 

I COLORI DEI SENTIMENTI
MOSTRA PERSONALE DI MARIA PACHECO CIBILS
A cura di Francesca Barbi Marinetti

 

I COLORI DEI SENTIMENTI / SENTIRE I COLORI

 

Siamo connessi da linee invisibili. I nostri corpi hanno tutti una struttura simile e sono soggetti alle stesse influenze esterne. Emozioni e sentimenti invadono continuamente la nostra vita quotidiana e sono causa dei nostri comportamenti. Le emozioni, positive o negative, brevi e intense, sono la risposta immediata a uno stimolo, rappresentano la nostra parte più animale.

Entrano in contatto attraverso determinati campi di energia del nostro corpo, stimolano associazioni, evocano esperienze primordiali, memorie, e hanno la capacità di risvegliare i sentimenti. I sentimenti più duraturi e sfumati, si sviluppano mediante l’elaborazione cognitiva – affettiva, sono le radici del nostro modo di essere e nel corso della nostra esistenza ci mostrano i percorsi da seguire e i traguardi da raggiungere. In primo luogo: l’amore e il desiderio che sono la forza motrice dell’individuo. I colori sono spesso associati a emozioni e a sentimenti che possono variare a seconda delle culture e delle esperienze personali, ma ci sono alcuni legami comuni e condivisi.

Portano una forte carica emotiva e possono essere utilizzati per trasmettere una vasta gamma di sentimenti, sono una forma di energia che funge da vettore, in altre parole li troviamo là dove si svolge l’azione, e sono realmente in grado di raggiungere dei risultati inaspettati. In questa mostra voglio mostrare delle opere concepite come portali emozionali, che vogliono rappresentare i sentimenti attraverso i colori primordiali, e comporre un percorso immersivo capace di aprire i canali, le connessioni tra il mondo visibile e il mondo interiore invisibile, condurre così il fruitore in un cammino di ritrovamento.

Conoscere la simbologia dei colori ci rende più facile il colloquio con noi stessi e con gli altri. Lunghezze d’onda senza spessore, senza realtà, i colori trasmettono un messaggio sottile, parlano un linguaggio di luce che hanno stimolato ed ancora oggi attraggono l’interesse di poeti, filosofi, psicologi e artisti, e il loro vincolo con le emozioni e i sentimenti è innegabile e profondo, cosi come il suo potere “magico” in grado di toccare direttamente l’anima. I nostri sentimenti possono cambiare il mondo.

“Contro i sentimenti siamo disarmati, poiché esistono e basta, e sfuggono a qualunque censura. Possiamo rimproverarci un gesto, una frase, ma non un sentimento: su di esso non abbiamo alcun potere”

Milan Kundera

“Esci dal circolo del tempo ed entra nel circolo del Amore”

Rumi

“Nelle nostre vite c’è solo un colore che da senso all’arte e alla vita stessa: il colore del amore”

Marc Chagall

 

Maria Pacheco Cibils

DIPINGERE L’AMORE /di Francesca Barbi Marinetti

«Il discorso amoroso è oggi “d’una estrema solitudine”». Così esordiva Roland Barthes alla fine degli anni Settanta, insistendo che quando un discorso viene trascinato nella deriva dell’inattuale, espulso da ogni forma di gregarietà, non gli resta altro che essere il luogo, non importa quanto esiguo, di “un’affermazione”. Un’inattualità che conduce ad una quasi intrattabilità. Forse è per questo che la resa pittorica di questo tremito – che tutti riconoscono fondante per la vita stessa, la scintilla da cui dipende la riproduzione della specie, ma per cui resta labile il terreno di spontanea condivisione cognitiva – non è stata facile per Maria Pacheco Cibils sia nella scelta del tema che nell’esecuzione dell’opere, più che per ogni altro ciclo da lei affrontato in precedenza.

La sperimentazione dell’artista argentina-portoghese Pacheco Cibils si muove da anni in direzione di un superamento della concezione tradizionale di forma, con impasti cromatici corposi e accesi, che si sforza di offrire un’indagine delle energie che governano la materia in una concezione dell’arte sempre più olistica. I temi che la ispirano rientrano prevalentemente nella sfera della conoscenza ancestrale e archetipica: gli elementi principali della vita, terra, fuoco, aria e acqua in macro e microcosmi, i dualismi fondanti dell’esistenza, come luce e buio o maschile e femminile.

Al ciclo I colori dei sentimenti appartengono 24 tele di grandi, medie e piccole dimensioni, che possono essere sinteticamente descritte come astratte e materiche, ma il vigore cromatico, la texture, il ritmo e la profondità che assume la materia pittorica – che per l’artista fa sempre riferimento ad un esplicito ambito di ricerca tematica – recupera un inequivocabile simbolismo dei colori, e lo stesso gesto pittorico, reiterato su molteplici strati, racconta in pittura i viaggi complessi dell’onda delle emozioni amorose. L’insostenibile energia del sentimento “che move il sole e l’altre stelle”, motore di ispirazione creativa da sempre e attraverso tutte le espressioni artistiche del mondo, caduto in disgrazia dalla seconda metà del Novecento fino a noi, mette a disagio sia nel cucirne, o ricucirne, un “discorso” a sé stante che nel predisporsi all’ascolto.

Forse perché l’amore, tra tutti i sentimenti e le ambizioni, conserva il potere di rivoluzionare il punto di vista delle persone su questioni cruciali della vita e, in un mondo in cui siamo chiamati a rispondere di noi stessi incasellandoci in ruoli e posizioni definite, questo potere incontrollabile, che rovescia e ricrea, ci espone in modo evidente alla nostra umana vulnerabilità. Sempre Barthes, che ha cercato di restituire almeno un ordine semiotico a contrasto della diffusa tendenza di rimozione del sentimento, suggerisce una definizione di questi frammenti di discorso amoroso in quanto “figure”.

Figura non in senso retorico, ma ginnico o coreografico: ovvero nel senso originario della parola greca σχῆµα (da cui il concetto di figura deriva) che si riferiva ad un’accezione viva del corpo colto in movimento: all’istantanea di un frangente di energia in movimento sotto sforzo. E così come ci indica Barthes per le figure linguistiche che si compongono sotto la guida del sentimento amoroso, il gesto pittorico che intende rappresentarle trae ispirazione dalla traccia profonda che l’energia vitale del sentimento lascia in ognuno. Un passaggio necessario che comporta non poca resistenza e difficoltà.

Un processo quasi wordsworthiano che espone l’artista, e per empatia anche l’osservatore, all’estasi e al tormento, una “emotion reccollected in tranquillity” che va a pescare nell’intimo e nel misterioso flusso da cui si ramificano fragilità e forza della sensibilità più recondita di ogni individuo. Per il linguaggio il discorso amoroso ha un codice di riferimento che è topos, e come tale conserva in sé la peculiarità d’essere in parte riconoscibile e in parte vacante, dunque vuoto, in attesa d’essere colmato. Questo vuoto da riempire corrisponde all’aspetto proiettivo, ovvero ciò che rende questo topos in parte riconoscibile e in parte adattabile alle proiezioni particolari di ognuno.

Lo stesso accade per la comunicazione visiva attraverso l’arte dei colori e delle forme. Il principio attivo – della parola, lemma o frase per quanto concerne il linguaggio, o del segno, materia, colore per la pittura – non è tanto ciò che esprime quanto ciò che esso riesce ad articolare e a mettere in moto: ovvero il palpito che esso produce nella sospensione e aspettativa di senso che va necessariamente colmato. Così il rosso, con tutte le sue possibili sfumature, sono comunemente associate all’amore e alla passione, il giallo e l’arancione alla solarità e all’energia, il blu alla profondità, il viola al mistero e il verde alla speranza. Ma è l’orchestrazione, la stratificazione, la compenetrazione materica della trama pittorica che crea una successione di riconoscimento e di attesa che va a pescare negli antri reconditi di fuochi accesi o spenti, di aspettative o disillusioni, di volontà sorprendenti ed istintive o paure e solitudini sfidanti.

Accettati tali presupposti, diventa più chiaro che la rappresentazione pittorica dell’amore possa solo indicare delle “figure” e non possa offrire un messaggio compiuto e chiuso: le opere divise per ambiti più circoscritti, come la passione, lo slancio, la speranza, sono toccate qua e là da segni e colori più luminosi e stimolanti, se non tormentati e cupi, ma esse hanno tutte necessariamente come filo conduttore l’attesa, che è la dimensione necessaria alla suspense dell’incontro con l’altro che osserva e completa.

In altre parole, il discorso amoroso, né in letteratura né in pittura, così come nella vita, potrà mai essere un soliloquio o una enunciazione individuale e soggettiva. Ma non è nemmeno dialettico. Si presenta piuttosto come un manuale d’uso, un repertorio di immaginari possibili a cui attingere di volta in volta secondo esigenze e sensibilità diverse. Gli schemi individuali si frangono quando il sentimento porta a voler assomigliare all’altro, che è la condizione irrazionale in che ci fa uscire dal solco delle proprie convinzioni per affacciarsi rinnovati su nuovi scenari.

E il propulsore non è la riuscita o meno degli obiettivi, ma l’energia e l’incanto che possono produrre l’audace capacità di rimessa in gioco di noi stessi. Un’energia potente che per taluni può anche risultare implosiva, despota oltre che irrazionale. Un delirio, una montagna russa con picchi e precipizi che produce adrenalina, o anche timore, che in fin dei conti non è poi non tanto straordinario considerando che tocca, una o più volte nella vita, la maggior parte degli esseri umani. Una risorsa rigeneratrice a cui attingere anche in astinenza dal doping naturale delle emozioni, di cui resta memoria, come una vibrazione di suono, soprattutto se sollecitata da richiami sensibili, come l’arte, la letteratura o la musica, capaci di riconnetterci con quel pulviscolo lucciolato che permane.

Le opere di Maria Pacheco Cibils sono uno spaccato di figure archetipiche dell’amore, ognuna rappresentativa di quel concentrato di festa, passione o smarrimento. Connettersi, riconoscersi, rilanciarsi è il dovuto omaggio soggettivo che ognuno è chiamato a fare, a completamento di un discorso, interiore e universale insieme, che trascende e trascenderà sempre ogni tendenza della storia.

 

Francesca Barbi Marinetti

Critica d’arte

 

 

IL COLORE DEI SENTIMENTI / di Barbara Volpi

All’inizio tutto è emozione, vibrazione sensoriale che si trasforma nel con-tatto con l’altro in un caleidoscopio emotivo intrecciato, in cui la gioia, la paura, la tristezza, la rabbia, il disgusto sono miscelati insieme per districarsi gradualmente, tocco dopo tocco, carezza dopo carezza, nell’abbraccio amorevole di chi si prende cura di noi e con le sue mani da forma ai nostri sentimenti. Non ci sarebbe possibilità di comprendere il linguaggio primordiale delle emozioni senza l’incontro delle mani dell’altro, senza la trasformazione alchemica che dall’energia vitale, passa all’altro e come un diapson allarga gli orizzonti emotivi e li trasforma in affetti e sentimenti.

Tutto passa e si trasforma nel calore dell’altro che accoglie, fa proprio il linguaggio emotivo dell’incontro e lo rimodella nell’amore dando colore all’armonia vitale del flusso incessante e caotico del tempo e, dei tanti tempi, trascorsi prima di quell’incontro sensoriale. L’Io si modella, nella tradizione psicoanalitica, da quel NOI di corpi che si incontrano e danno radici transgenerazionali ai vissuti emotivi di ciascuno trasformandoli in legami affettivi solidi e radicati.

Da quel NOI nascono tanti Io e, tanti e tanti ancora NOI, che aprono la via alle vibrazioni di un sentimento profondo di quell’amore vitale che ci sostiene e ci alimenta e che fa parte della Madre Terra. Le mani dell’artista Maria Pacheco Cibilis si sono fatte strumento appassionato e creativo per tracciare sulla tela il linguaggio primordiale dell’incontro emotivo di corpi che accolgono esperienze sensoriali e ne vengono trasformati, per sempre, dando voce e coro al sentimento primitivo da cui nasce tutto e che ognuno di NOI può sentire vibrare dentro l’anima: l’amore.

Ciascuno di NOI in modo singolare, osservando le tele dipinte con il ritmo e la cadenza di un linguaggio universale, sente risuonare le note dei tanti incontri di corpi che hanno trasformato le emozioni in sentimenti. Ciascuno di NOI, con il proprio pas de deux le vede danzare armoniosamente seguendo il ritmo vitale che dall’amore e dalla passione per la vita trova incessantemente sgorgante generatività dando forma e colore a nuove, ma nel contempo archetipe, forme vitali universali. Grazie ancora davvero alle mani, al calore e all’energia dell’artista per questa esplosiva testimonianza vitale che dall’espressione creativa arriva al mondo interno di ciascuno facendoci vibrare all’unisono, ognuno con le proprie note affettive, nell’ascolto di quella nota universale che regge e da fondamento universale a tutte le espressioni creative: l’AMORE

Barbara Volpi

Psicologa Psicoterapeuta Docente Universitaria Saggista

 

 

Rassegna Stampa

LOOK AT ART CONTEMPORARY ART EXHIBITION CENTRO CULTURALE DI MILANO

MILANO PROPOSTA ESPOSITIVA - MOSTRA EVENTO: 27 SETTEMBRE - 5 OTTOBRE 2024

Comunicato stampa | Maria Pacheco Cibils in mostra a LOOK AT ART Contemporary Art Exhibition A cura di Elena Jelmoni

 

La designer e artista visiva argentino-portoghese Maria Pacheco Cibils sarà uno dei protagonisti di LOOK AT ART – Contemporary Art Exhibition, progetto promosso da Jelmoni Studio Gallery, a cura di Elena Jelmoni, che inaugura il giorno 27 settembre 2024 alle ore 18.00 presso il Centro Culturale di Milano.

L’arte si serve di un efficace linguaggio non verbale: l’azione, immediatamente comunicativa, i cui codici si sono sviluppati nel tempo e che impiega particolari strumenti per rendere manifesto il significato delle immagini rappresentate. Questa esperienza quotidiana dell’immagine vissuta genera orizzonti visivi e mentali in cui è possibile interrogarsi sulle funzioni passate e attuali dell’arte per riconsiderare il suo potere seduttivo e ruolo culturale.

Artisti provenienti da percorsi diversi e che utilizzano una pluralità di linguaggi espressivi affrontano queste tematiche in una serie di progetti individuali che si sviluppano come un percorso attraverso l’azione e la visione contemporanea.

Le opere nascono dalla combinazione sperimentale di elementi e linguaggi diversi alla ricerca del punto di incontro tra leggerezza e complessità da cui avventurarsi nell’esplorazione delle geografie psicologiche, politiche e sociali della cultura contemporanea globalizzata. L’arte è un pretesto per indagare concetti chiave del nostro presente, quali l’identità, nazionalità, la democrazia, il potere, la libertà, la partecipazione e i cambiamenti sociali.

Maria Pacheco Cibils presenta per l’occasione l’opera Pioggia Verde, appartenente all’ultima serie di lavori realizzati nel 2023. Come scrive la critica d’arte Francesca Barbi Marinetti: « Le opere di Maria ci trasportano in ambienti immaginari, e al contempo familiari, oltre una soglia che sfugge ogni definizione, in spazialità estese fatte di trasparenze, vortici cromatici, profondità, luminosità e straordinaria vitalità. Nella corrente dei paesaggi subacquei della pittura di Pacheco Cibils – in cui dominano i verdi, gli azzurri ed i blu con vortici o colonie vitali di arancioni, viola, gialli e rossi – l’osservatore è avvolto dalla suggestione di possibili scenari pre-mnemonici dei principi universali della vita che attendono d’essere recuperati. Pulsa un battito rigenerante che riconduce al pensiero orientale, in particolare il buddismo tantrico, per cui è la donna ad essere portatrice di energia cosmica e conoscenza.»

Maria Pacheco Cibils è designer e artista visiva argentino-portoghese. Le sue opere spaziano tra architettura d’interni, scenografie, ambientazioni, design di oggetti d’arte, pittura ed installazione. Ha collaborato con prestigiose riviste, giornali e canali televisivi. Ha organizzato mostre di artisti e fotografi, spettacoli di teatro e danza contemporanea. Curatrice di diversi brand, ha sviluppato prototipi e grafica degli stessi in Argentina, Paraguay e Italia. Le sue ricerche artistiche sono incentrate su temi primordiali e archetipici, indagando i quattro elementi della natura, radice di tutte le cose immutabili ed eterne e dei processi di trasformazione dell’essere umano. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in Spagna, Germania, Austria, USA, Croazia, Regno Unito e Italia. Vincitrice del Primo Premio di Pittura “Lorenzo il Magnifico” a Florence Biennale 2023. Attualmente vive e lavora tra l’Italia e l’Argentina. Tra le ultime mostre: 2024 Roma “AROUND ROME” International Art Exhibition. Arte Borgo Gallery. Biblioteca Angelica Galleria. A cura di Anna Isopo; 2024 Nazzano “CHIAMATA ALLE ARTI”. Museo del Fiume. A cura di Guido D’Angelo; 2024 Barcellona “PROSPETTIVA….FUTURO” Hub / Art. International Art Exhibition; 2024 Londra “TRANSPARENT AS A DRAGONFLY”. Bermondsey Project Space; 2024 Firenze “I AM YOU” Accademia delle Arti del Disegno. Exhibition of the winner of the XIV Florence Biennale; 2023 Firenze “I AM YOU” “La Biennale di Firenze” Fortezza da Basso. Primo Premio Pittura: “LORENZO IL MAGNIFICO”; 2023 Roma”RITORNO AL BLU” RAW.Biblioteca Angelica-Galleria Mostra Personale; 2023 Roma “TRANSPARENT AS A DRAGONFLY” International Art Exhibition.Arte Borgo Gallery; 2023 Duvrobnik Croazia “COLOURS OF LIFE” Palazzo Sponza; 2023 Venezia“FRAGILITY UNVAILED” Palazzo Pisani Revedin Personal Exhibition; 2023 Roma “L’ATRA META’ DEL CIELO ”. Galleria La Nica; 2022 Spain PROJECT PALMA 1.0 Casa del Arte de Palma de Mallorca.Illes Balears. A cura de Artbox Project; 2022 Roma”HUMUS” RAW Biblioteca Angelica Mostra Personale; 2022 Milano “MULTITUDE” Fondazione Luciana Matalon Mostra Personale; 2022 Mantova “SYNESTHESIA” Museo Francesco Gonzaga; 2021 Miami Beach.Florida (USA) Scope Miami Beach International Contemporay Art Fair; 2021 Austria. Art Innsbruck.International Kunstmesse; 2021 Roma “LUMINESCENZA” RAW – Biblioteca Angelica – Galleria. Mostra Personale; 2021 Nazzano (Lazio) “EMPATIA NATURA COMUNITA” – Riserva Naturale Tevere Farfa, Nazzano; 2021 Roma “TRAME CONTEMPORANEE”- Palazzo della Cancelleria Vaticana; 2020 Roma “IL TEMPO SOSPESO ” RAW – Biblioteca Angelica – Galleria Mostra personale; 2019 Roma “DIMENSIONI PARALLELE”RAW Biblioteca Angelica .Salone Monumentale. Installazione; 2017 Roma “FUOCO ETERNITA SAPERE”.RAW:Biblioteca Angelica.Salone Monumentale. Installazione; 2017: Roma “FUOCO o della Rigenerazione” Biblioteca Angelica-Galleria. Mostra Personale.

Il Centro Culturale di Milano è nato nel 1981. Ai suoi inizi prese nome di “Centro Culturale San Carlo”, avendo la sua prima sede in corso Matteotti, presso la Basilica di San Carlo al Corso. Negli anni ’80 la sua storia è segnata da figure e incontri come quelle di don Luigi Giussani (che lo ha originato e seguito negli anni), lo scrittore Giovanni Testori, il vescovo Giacomo Biffi, lo scienziato Gian Paolo Bellini, il filosofo Augusto Del Noce, gli economisti Marco Martini e Gianfranco Senn, l’editore Sante Bagnoli. Da subito, grandi artisti, scienziati, filosofi, scrittori, dall’Italia e dal mondo hanno partecipato con entusiasmo a questo tentativo nuovo nella città, paragonandosi con questa novità culturale. Nei primi anni ’90 il nuovo nome: “Centro Culturale di Milano”, proprio mentre la città di Milano si ferma durante la crisi della politica ed emergono nuove sfide culturali e globali. La nuova sede è in via Zebedia 2, dove, secondo Dante Isella, si riunivano i circoli intellettuali di metà ‘800. Nel 2017, il Centro ristruttura, grazie a donazioni e a Fondazione Cariplo, il palazzo, disegnato da Caccia Dominoni, in Largo Corsia dei Servi 4, si avvia con il Comune di Milano una reciproca Convenzione per la Cultura e i suoi luoghi.

 

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INTRODUZIONE AL PROGETTO

La centralità di Milano nel contesto europeo è un elemento preferenziale per l’assegnazione di progetti culturali che valorizzano il nostro patrimonio e rafforzano le collaborazioni. Milano, ambasciatrice dell’Italia nel mondo. Questa rete di relazioni si sovrappone all’area urbana ed ha la sua convergenza al centro, patrimonio di storia e fucina di futuro.

IL PROGETTO

L’arte si serve di un efficace linguaggio non verbale, l’azione, immediatamente comunicativa, i cui codici si sono sviluppati nel tempo e che impiega particolari strumenti per rendere manifesto il significato delle immagini rappresentate.

Questa esperienza quotidiana dell’immagine vissuta genera orizzonti visivi e mentali in cui è possibile interrogarsi sulle funzioni passate e attuali dell’arte per riconsiderare il suo potere seduttivo e ruolo culturale.

Artisti provenienti da percorsi diversi e che utilizzano una pluralità di linguaggi espressivi affrontano queste tematiche in una serie di progetti individuali che si sviluppano come un percorso attraverso l’azione e la visione contemporanea.

Le opere nascono dalla combinazione sperimentale di elementi e linguaggi diversi alla ricerca del punto di incontro tra leggerezza e complessità da cui avventurarsi nell’esplorazione delle geografie psicologiche, politiche e sociali della cultura contemporanea globalizzata. L’arte è un pretesto per indagare concetti chiave del nostro presente, quali l’identità, nazionalità, la democrazia, il potere, la libertà, la partecipazione e i cambiamenti sociali.

LOCATION – CENTRO CULTURALE DI MILANO

Un centro culturale, un luogo dove la passione per la verità e l’ascolto della bellezza uniscono gli uomini e la loro esperienza in un incontro permanente.

Il “Centro Culturale di Milano” è nato nel 1981. Ai suoi inizi prese nome di “Centro Culturale San Carlo”, avendo la sua prima sede in corso Matteotti, presso la Basilica di San Carlo al Corso. Negli anni ’80 la sua storia è segnata da figure e incontri come quelle di don Luigi Giussani (che lo ha originato e seguito negli anni), lo scrittore Giovanni Testori, il vescovo Giacomo Biffi, lo scienziato Gian Paolo Bellini, il filosofo Augusto Del Noce, gli economisti Marco Martini e Gianfranco Senn, l’editore Sante Bagnoli. Da subito, grandi artisti, scienziati, filosofi, scrittori, dall’Italia e dal mondo, hanno partecipato con entusiasmo a questo tentativo nuovo nella città, paragonandosi con questa novità culturale. Nei primi anni ’90 il nuovo nome: “Centro Culturale di Milano”, proprio mentre la città di Milano si ferma durante la crisi della politica ed emergono nuove sfide culturali e globali. La nuova sede è in via Zebedia 2, dove, secondo Dante Isella, si riunivano i circoli intellettuali di metà ‘800.

Nel 2017, il Centro ristruttura, grazie a donazioni e a Fondazione Cariplo, il palazzo, disegnato da Caccia Dominoni, in Largo Corsia dei Servi 4, si avvia con il Comune di Milano una reciproca Convenzione per la Cultura e i suoi luoghi.

IL CMC ALLARGA I SUOI CONFINI

Singoli, gruppi di persone che dal mondo si riconoscono e si mettono in relazione, passando da Milano. Nasce la riscoperta della storia della città passata, recente e nei suoi sviluppi prende vita, con Luca Doninelli, Camillo Fornasieri e Giuseppe Pontiggia, la Scuola di Scrittura Flannery O’Connor.

Si dedica uno spazio alla Poesia, si realizza l’incontro cercato e corrisposto col mondo ebraico, una profetica conoscenza e dialogo con l’Islam e della successiva “questione” islamica si indagano la storicità dei Vangeli e dei documenti cristiani, si presentano le Mostre internazionali di Fotografia attraverso l’edizione della collana “i Quaderni di Fotografia”, si intraprende il dialogo con i laici italiani ed europei, si discutono le questioni riguardanti il Diritto e la Democrazia.

Nel contempo si incrementano le partnership con istituzioni milanesi, Università, case editrici, teatri e il coordinamento con più di 100 Centri Culturali, in collaborazione con l’Associazione Italiana Centri Culturali, che ha sede presso il CMC.

Si snoda così quell’originale ricerca e incontro con i “grandi che ci sanno parlare”, rivolti a quei “piccoli che sanno ascoltare”, cercando di esserlo prima di tutto noi stessi. Mostre d’arte internazionali sono state realizzate al Centro Culturale Di Milano.

Jelmoni Studio Gallery

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Rome Art Week 2023 – “RITORNO AL BLU” Biblioteca Angelica – Roma

2023 Ottobre Roma 24/10 “RITORNO AL BLU”

 

Comunicato stampa | Roberta Melasecca
Il giorno 11 ottobre 2023 alle ore 18.00 inaugura la mostra Ritorno al blu di Maria Pacheco Cibils, a cura di Francesca Barbi Marinetti, presso le sale della Galleria della Biblioteca Angelica (MiBACT), prestigioso spazio espositivo adibito alle mostre di arte contemporanea.
In esposizione 18 opere pittoriche ed una installazione multisensoriale accompagnata dalla traccia sonora di Niccolò Di Ferdinando “Antifigure”. “Il ciclo pittorico presentato negli spazi espositivi della Biblioteca Angelica di Roma è dedicato all’elemento Acqua. Adattabile, fluida, ricettiva, l’acqua è un simbolo potente associato solitamente alla vita, alla rinascita, alla purificazione ed incarna il principio femminile sia per gli aspetti riguardanti la gestazione sia perché capace di trasformarsi continuamente penetrando e trasportando i nutrienti nel suolo e negli organismi. [ … ]
Le opere di questo ciclo ci trasportano in ambienti immaginari, e al contempo familiari, oltre una soglia che sfugge ogni definizione, in spazialità estese fatte di trasparenze, vortici cromatici, profondità, luminosità e straordinaria vitalità. La ricerca pittorica sembra spingersi in una zona che unisce valori simbolici a valori espressivi dinamici. Nulla è mai fermo, tutt’al più fluttuante. L’organizzazione della superficie è talvolta plurifocale. Un sommerso atemporale che sprigiona energia
e suggerisce la vastità della dimensione dell’inconscio a cui l’acqua in psicologia viene spesso associata.
È l’interiorità rimossa o dimenticata, l’utero materno come luogo protetto, la seduzione, l’amore, le profondità dei desideri celati, e la regressione, poiché l’acqua induce un rallentamento dei ritmi.
Nella corrente dei paesaggi subacquei della pittura di Pacheco Cibils – in cui dominano i verdi, gli azzurri ed i blu con vortici o colonie vitali di arancioni, viola, gialli e rossi – l’osservatore è avvolto dalla suggestione di possibili scenari pre-mnemonici dei principi universali della vita che attendono d’essere recuperati. Pulsa un battito rigenerante che riconduce al pensiero orientale, in particolare il buddismo tantrico, per cui è la donna ad essere portatrice di energia cosmica e conoscenza.”
(dal testo critico di Francesca Barbi Marinetti)
Maria Pacheco Cibils è designer e artista visiva argentino-portoghese. Le sue opere spaziano tra architettura d’interni, scenografie, ambientazioni, design di oggetti d’arte, pittura ed installazione. Ha collaborato con prestigiose riviste, giornali e canali televisivi. Ha organizzato mostre di artisti e fotografi, spellaculi di lealru e darwi curilerriμura11ea. Curalrice di diversi brand, ha sviluppato prototipi e grafica degli stessi in Argentina, Paraguay e Italia. Attualmente vive e lavora tra
l’Italia e l’Argentina.

 

RITORNO AL BLU/ RITORNO ALL’ESSENZA
ACQUA. AZZURRO. FEMMINILE. LUNA. MADRE. GENERATRICE. RIGENERAZIONE. PURIFICAZIONE. RICITTIVITÀ’. MUTABILITÀ. CICLICITÀ.
RITORNO AL BLU è il racconto di un viaggio interiore fino a lambire la nostra essenza più intima e profonda. È un richiamo a prestare attenzione al potere dell’energia femminile, a valorizzarla, ad onorare la sua presenza e farne Un motivo di ricchezza.
Sempre è stata con noi, a volte riconosciuta amata e celebrata, a volte dileggiata, diffamata, nascosta e ignorata ma sempre è stata presente nel paesaggio in Natura e nelle donne; dobbiamo solo cambiare il modo in cui vediamo le cose per riconoscere la sua presenza.
L’energia femminile è relazionata con la saggezza, con lo spirito, con tutto quello che sfugge al mondo fisico= è arcaica e selvaggia, ha la forma primitiva della Terra e dell’Acqua.
La Terra è la grande Madre, la concretezza della donna, è il corpo, la fertilità che nutre e sostenta, la sicurezza, la recettività, l’accoglienza che custodisce il seme nelle sue viscere, nell’qscurità, in segreto e in silenzio.
L’Acqua, è l’elemento della primordialità, l’origine della vita. E il liquido ar11niotico, la vastità dell’oceano immerso e insondabile.
E il fluire, la rotondità, la flessibilità, l’emozione vitale e sensuale. E l’inconscio e l’intuizione. Nel trovare la nostra dimensione personale dell’essere donna, velocizzeremo la nostra espansione e vivremo ogni incontro con l’altro in una maniera più intensa e consapevole. Risvegliarla è avere una marcia in più sul sentiero evolutivo.
Sia nella donna che nell’uomo contattare l’energia femminile conduce anche a sviluppare quella maschile,e viceversa. Le due sono intrinsecamente connesse, la crescita dell’una promuove l’altra. Ciò sta nella natura delle cose. E la dualità che conforma l’uno. È lo yin e lo yang. li principio del Tao. Equilibrio e Armonia.
Oggi, approfondendo l’elemento Acqua e il colore blu con le sue sfumature in tutte le sue variazioni possibili – indaco, oltremare, cobalto, zaffiro, notte, ceruleo, pavone, di Prussia, egiziano, ciano, reale, turchese o celeste – voglio mostrarvi la simbologia di questo elemento sacro, e di questa energia, che rinnova, libera e fertilizza, dona vita e abbondanza.

“Il colore è un potere che influenza direttamente l’anima”
Vassily Kandinski

Maria Pacheco Cibilis

 

RITORNO AL BLU /di Francesca Barbi Marinetti
Le grandi tele di Maria Pacheco Cibils potrebbero essere in modo sintetico collocate nell’ambito dell’arte astratta e materica, realizzata con diversi strati di pittura spesso mescolata ad altri componenti per la resa di texture organiche, ovvero impasti pittorici di diversa densità e corposità che assegnano maggiore profondità e ritmo al già intenso vigore cromatico tra luce ed ombra.
Ma più che di astratto sarebbe, invece, opportuno parlare di superamento del concetto tradizionale della forma, perché l’affondo tematico per quest’artista argentina-portoghese, che ha adottato il nostro paese come sua seconda casa, non è assolutamente un pretesto e ciò non può sfuggire in alcun modo all’osservatore.
Difatti, Pacheco Cibils negli anni ha rafforzato sempre più una concezione olistica dell’arte attraverso cui approfondire ed esprimere una ricerca di verità e conoscenza. La sua pittura, approfondendo contenuti circoscritti su temi primordiali ed archetipici, indaga prevalentemente l’energia che si diffonde dalla materia in cui si compenetrano dualità solo apparentemente contrastanti= profondità e altezze, macrocosmi e microcosmi,
luce e buio, maschile e femminile, in dialogo costante con le forze elementali del mondo: terra, aria, fuoco e acqua.
Il ciclo pittorico presentato negli spazi espositivi della Biblioteca Angelica di Roma, è dedicato all’elemento Acqua. Adattabile, fluida, ricettiva, l’acqua è un simbolo potente associato solitamente alla vita, alla rinascita, alla purificazione ed incarna il principio femminile sia per gli aspetti riguardanti la gestazione sia perché capace di trasformarsi continuamente penetrando e trasportando i nutrienti nel suolo e negli organismi.
Fondamento e consistenza della vita su scala cosmica l’acqua è il più prezioso tra gli elementi, poiché senza di esso non vi è esistenza. Gli esseri viventi sono composti d’acqua per oltre il settanta per cento, ed essa è la prima ad abbandonare il corpo quando si muore, insieme al soffio vitale.
Le opere di questo ciclo ci trasportano in ambienti immaginari, e al contempo familiari, oltre una soglia che sfugge ogni definizione, in spazialità estese fatte di trasparenze, vortici cromatici, profondità, luminosità e straordinaria vitalità. La ricerca pittorica sembra spingersi in una zona che unisce valori simbolici a valori espressivi dinamici. Nulla è mai fermo, tutt’al più fluttuante. rorganizzazione della superficie è talvolta plurifocale.
Un sommerso atemporale che sprigiona energia e suggerisce la vastità della dimensione dell’inconscio a cui l’acqua in psicologia viene spesso associata. È l’interiorità rimossa o dimenticata, l’utero materno come luogo protetto, la seduzione, l’amore, le profondità dei desideri celati, e la regressione. poiché l’acqua induce un rallentamento dei ritmi.
Nella corrente dei paesaggi subacquei della pittura di Pacheco Cibils -in cui dominano i verdi, gli azzurri ed i blu con vortici o colonie vitali di arancioni, viola, gialli e rossi -l’osservatore è awolto dalla suggestione di possibili scenari pre-mnemonici dei principi universali della vita che attendono d’essere recuperati. Pulsa un battito rigenerante che riconduce al pensiero orientale, in particolare il buddismo tantrico, per cui è la donna ad essere portatrice di energia cosmica e conoscenza.
racqua nell’immaginario simbolico e mitologico è tra i quattro elementi forse il più presente perché carico di significato legato all’origine della vita ed è quello che penetra in modo più vitale la natura. In ambito letterario e religioso ha una connotazione di limpidezza e di proprietà purificatrici ed è al contempo misteriosa ed inquietante. Assume la funzione di specchio nel mito di Narciso, ed è legata alla profezia degli oracoli,
pensiamo a □elfi, Apollo o Rodi, in cui una rivelazione avveniva attraverso una fontana o una sorgente. Anche la Luna le è correlata, poiché regola i flussi delle maree e quelli dei cicli femminili, oltre ad influire sui sentimenti e le emozioni.
Sono opere dinamiche quelle di Pacheco Cibils che fanno pensare al principio della fisica dell’interconnessione della materia che faceva cadere il concetto classico di particelle statiche, dimostrando che le particelle subatomiche sono il “processo” perennemente in atto più che l’oggetto fermo. È nel Tao della fisica che cinquant’anni fa Fritjof Capra spiegava come i principi fondamentali della scienza subatomica fossero stati anticipati dal pensiero religioso orientale. Uno scritto illuminante che con equilibrio straordinario univa la storia del misticismo ed il progresso scientifico d’avanguardia. Capra riferendosi in particolar modo al principio di unità e mutua interrelazione di tutte le cose e di tutti gli eventi, chiariva come esso si presenta come processo in cui le forme interagiscono in configurazioni dinamiche. La nuova fisica annunciava come le polarità del pensiero classico fossero superate, un’astrazione della mente necessaria all’evoluzione scientifica che non andava presa alla lettera.
Tale rigidità di approccio, diffusasi nell’opinione pubblica, era problematica sia per l’evoluzione della conoscenza, che per le abitudini comportamentali
e relazionali: diffondendo una tendenza a mettere in risalto l’uno o l’altro polo anziché pensarli in correlazione. Tra questi opposti vi è anche quello femminile e maschile della natura umana, di cui la tradizione occidentale ha favorito il secondo, facendo risaltare come più positivi aspetti come l’attività, il pensiero razionale, la competitività, l’aggressività a scapito di modalità intuitive, mistiche, psichiche ed introspettive più associato all’attitudine femminile. Con conseguenze destabilizzanti, se consideriamo che per il pensiero orientale il raggiungere l’equilibrio dinamico tra modalità femminile e maschile è l’obiettivo più alto della meditazione e che in Oriente si sia sentito il bisogno di rappresentare tale sublime compenetrazione, fin dall’antichità, in opere d’arte visiva.
Nell’acqua tutto scorre e fluttua. li filosofo Gaston Bachelard sosteneva che essa è l’elemento che più rappresenta l’uomo per il suo principio di scorrevolezza: la vita umana scorre come quella di un fiume. Per questa analogia al procedere del tempo è stata paragonata anche alla musica, che nella sua infinita flessibilità creativa non muta il suo principio temporale. racqua stessa produce gran quantità di suoni e a sua volta, sensibile alle vibrazioni musicali, può recepirli increspandosi. Un dialogo antico e suggestivo che Maria Pacheco Cibils ha voluto rappresentare qui in mostra in un’installazione con tracce sonore di Niccolò Di Ferdinando.

Francesca Barbi Marinetti
Critica d’arte

 

ACQUA MATER: SIMBOLO FEMMINILE CHE REGGE l:ENERGIA UNIVERSALE/ di Barbara Volpi
Nasciamo nell’acqua, siamo composti principalmente dall’acqua e la nostra natura più profonda ha bisogno dell’acqua per rigenerarsi, purificarsi, nutrirsi ed espandersi rimanendo fedeli a quell’energia primordiale che ci ha awolto dagli albori dei tempi e continua a sostenere il flusso vitale che è, fin da principio, intimamente ed esclusivamente femminile.
Da sempre simbolo legato alla profondità della psiche, l’acqua è mater per costituzione e dagli abissi del mondo interiore, rimosso e dimenticato, chiuso ma generosamente aperto al mondo, espande fuori, con un getto propulsivo, a volte lento ed intermittente, altre incessantemente costante, altre ancora coreografico e spumeggiante, elementi ancestrali profondamente vitali che dalla fluidità dell’antro generatore vengono oggi catturati dal gesto deciso ed istintivo dell’artista Maria Pacheco Cibilis che li ha creativamente ridistribuiti sulle tele dando la possibilità a chi osserva di riconoscere parti emotivamente profonde e significative di sé, dell’altro, dell’individuo e della collettività in quell’elemento fluido primordiale che fa parte di noi e che, ognuno, cerca e ricerca, conserva o tenta di rigettare, nel flusso torrenziale della propria ed altrui esistenza. Parti emotivamente calde, parti dolorosamente congelate, getti torbidi, flussi limpidi, acque generatrici che nell’abbraccio armonico della totalità sensoriale, possono essere viste, toccate, ascoltate, assaporate, odorate, e che nel riverbero emotivo ed istintivo del flusso vitale, della potente e radiosa energia femminile, possono incessantemente nutrire, conservare, curare e far germogliare l’essenza intima di ciascuno di noi, dando voce, eternamente
vivida a quel sospiro dell’anima mater che, dalla natura, e dal suo elemento primordiale fluido, si connette con le proprie vibrazioni e le proprie memorie, al ritmo universale del nostro ciclo vitale, a quello del mondo e dei tanti altri mondi possibili_

Barbara Volpi
Psicologa
Psicoterapeuta
Docente Universitaria
Saggista

 

 

14-22 ottobre 2023 Fortezza da Basso – Firenze | XIV edizione di Florence Biennale

14-22 ottobre 2023 Fortezza da Basso - Firenze | XIV edizione di Florence Biennale

La designer e artista visiva argentino-portoghese Maria Pacheco Cibils sarà presente alla XIV edizione di Florence Biennale che si svolgerà dal 14 al 22 ottobre 2023 alla Fortezza da Basso di Firenze.

 

La manifestazione, incentrata sul tema “I Am You. Individual and Collective Identities in Contemporary Art and Design” che vuole approfondire i concetti di identità individuali e collettive, nelle loro molteplici accezioni filosofiche, psicologiche, sociologiche e culturali, prevede la partecipazione di oltre 550 tra artisti e designer, e sarà animata da progetti speciali, premi e importanti presenze internazionali.

 

Maria Pacheco Cibils presenta quattro opere appartenenti al suo ultimo progetto espositivo, Humus, inaugurato nel 2022 durante Rome art Week nel prestigioso spazio della Galleria della Biblioteca Angelica di Roma. Con Humus l’artista continua la riflessione sugli elementi naturali e sul rapporto con l’ecosistema dichiarando un sentire che rievoca lattaccamento alla madre terra e che emerge prepotentemente nel fare pittorico ove i sentimenti passionali sono generati per restituire allosservazione le criticità esistenti (cit. Maila Buglioni). Le quattro opere, dei cicli Espansione e Selva, descrivono uno spazio multisensoriale carico di energia in continuo movimento, dove è possibile recuperare un alito segreto, ancestrale, materializzato nelle sembianze di foreste dalle ombre bluastre, rifugi dalla trama sottile e sotterranea che si espandono e si rigenerano di nuova vita. La ricerca di Maria, incentrata sui processi di trasformazione dell’essere umano, trasuda potenza ed energia cromatica, si anima di vibrazioni materiche e texture organiche, densità coloristiche stratificate, nitide e dinamiche.

 

Maria Pacheco Cibils è designer e artista visiva argentino-portoghese. Le sue opere spaziano tra architettura d’interni, scenografie, ambientazioni, design di oggetti d’arte, pittura ed installazione. Ha collaborato con prestigiose riviste, giornali e canali televisivi. Ha organizzato mostre di artisti e fotografi, spettacoli di teatro e danza contemporanea. Curatrice di diversi brand, ha sviluppato prototipi e grafica degli stessi in Argentina, Paraguay e Italia. Attualmente vive e lavora tra l’Italia e l’Argentina.

 

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2023 Ottobre Roma 05/10 al 18/10 “TRANSPARENT AS A DRAGONFLY” .International Art Exhibition.Arte Borgo Gallery

TRANSPARENT AS A DRAGONFLY International Art Exhibition Arte Borgo Gallery A cura di Anna Isopo Rita Carta Manias Lesley Bunch Martina Scavone

 

PREFAZIONE DELLE CURATRICI

ANNA ISOPO
Consacrare l’autore delle “Città Invisibili” è l’intento della mostra “Transparent as a Dragonfly” profondo riconoscimento ad Italo Calvino nel centenario della sua nascita. La mostra nasce dalla collaborazione di Arte Borgo Gallery e ArtCan ponendo in prima linea il linguaggio espressivo degli artisti influenzato da uno dei testi più significativi dell’autore Le Città Invisibili.
Una mostra che oltrepassa i confini italiani, presentata nello spazio espositivo di Arte Borgo Gallery a Roma per proseguire presso Bermondsey Project Space di Londra, raccoglie le opere di 36 artisti accomunati da intrecci linguistici il cui ruolo è paragonabile al ruolo del lettore del romanzo che, affrontando differenti tematiche, concentra nelle complesse produzioni, riflessioni permeate da un’indagine intima da cui emerge la propria individuale creatività. Uniti da analoga introspezione sui luoghi, sulle persone, sulla memoria gli artisti conferiscono un dialogo armonioso tra spazio e opere. Un’esposizione che celebra attraverso le pagine del romanzo e le opere degli artisti un aspetto di magistrale coesistenza.

MARTINA SCAVONE
Art historian
Transparent as a Dragonfly è una mostra che rispecchia a pieno titolo il libro da cui prende spunto, “Le Città Invisibili” di Italo Calvino: eclettica, raffinata, palpitante di energia e creatività. Visionarietà e sogno sono i pilastri del racconto, che a distanza di oltre cinquant’anni continua ad ispirare le generazioni a venire. “D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Proprio a partire dalle descrizioni e dalle citazioni di Calvino, gli artisti internazionali selezionati per l’evento hanno tradotto in forma visuale le città costruite con le parole dello scrittore, città che spesso e volentieri sembrano piuttosto personaggi vivi, dal cuore pulsante, le cui caratteristiche interiori ed esteriori sono il frutto di un’esperienza maturata nel corso degli anni. “Le Città invisibili” stesse non sono nate in un solo colpo ma “un pezzetto alla volta”, come dichiarato dal loro autore. Di fatto, il medesimo principio vale perl’opera d’arte, la quale è il risultato di stimoli, pensieri, memorie, riflessioni e sentimenti che muovono da un vissuto e da un percorso di conoscenza del tutto personali, entro i quali l’osservatore può rispecchiarsi oppure scegliere di perdersi, come quando si visita una nuova città.

L’obiettivo dell’esposizione è dunque quello di ricreare le dinamiche fuori dal comune che governano i luoghi descritti da Marco Polo a Kublai Kan: racconti di città che, attraverso il processo immaginativo, giungono alla creazione di un’unica grande opera d’arte. Il legame che si crea tra il libro e il linguaggio artistico diviene pertanto
esplicito e significativo, a dimostrazione del fatto che le parole e le immagini, fuse assieme, creano una rete di connessioni e condivisione capace di travalicare i confini geografici, sociali e artistici, rendendo palpabile e ben visibile ciò che è spesso invisibile agli occhi.
“L’arte non deve rappresentare il visibile, ma rendere visibile l’invisibile”. Paul Klee

LESLEY BUNCH ANO RITA CARTA MANIAS

In celebrazione dei 100 anni dalla nascita dell’autore italiano Italo Calvino, il 15 ottobre 2023, la mostra “Trasparente come una Libellula” si basa sulle risposte degli artisti al suo libro “Le città invisibili” (1972). Il titolo della mostra è tratto da un brano delle Città Invisibili di Calvino: “Forse tutto sta nel sapere quali parole pronunciare, quali azioni compiere, e in quale ordine e ritmo; oppure basta lo sguardo, la risposta, il gesto di qualcuno; basta che qualcuno faccia qualcosa per il puro piacere di
farla, e perché il suo piacere diventi il piacere degli altri: in quel momento cambiano tutti gli spazi, tutte le altezze, le distanze; la città si trasfigura, diventa cristallina, trasparente come una libellula” Calvino, Le città
invisibili, (1972). 1 E’ stato chiesto agli artisti di scegliere una riga, un passaggio o un capitolo dal libro e di proporre un’ opera esistente che esplorasse un concetto correlato o un nuovo lavoro realizzato in risposta al testo. Le risposte sono state varie e comprendono concetti tra cui il potere ed i limiti del linguaggio, il rapporto tra linguaggio e cose, memoria, percezione e luogo.
A Calvino fu offerto il mandato 1985-86 della Norton Professorship of Poetry ad Harvard ma morì poche settimane prima della sua partenza. li suoi appunti furono successivamente pubblicati nel 1988 dal titolo “Six Memos for the Next Millennium”. In questi manoscritti rivisita il “millennio del libro” e guarda avanti a ciò che il futuro potrebbe riservare alle “possibilità espressive, cognitive e immaginative” del linguaggio e della letteratura. “Il mio metodo di lavoro ha spesso comportato la sottrazione di peso. Ho cercato di togliere peso, a volte alle persone, a volte ai corpi celesti, a volte alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura delle storie e al linguaggio … sono arrivato a considerare la leggerezza un pregio piuttosto che un difetto”

 

2023: Settembre. Dubrovnik “Colours of life” 29/09– 09/10 Palazzo Sponza

2023: “Colours of life” 29 settembre – 09 ottobre 2023 Palazzo Sponza – Dubrovnik

di SvjetlanaLipanović

La mostra internazionale “Colours of life” è stata inaugurata il 29 settembre 2023 nell’atrio magnifico del Palazzo Sponza a Dubrovnik in Croazia. SvjetlanaLipanović, presidente dell’Associazione Italo-Croata di Roma ha organizzato la mostra, sotto il patrocinio anche dell’Associazione. Al pubblico raguseo si sono presentati gli artisti croati, italiani, argentini, svizzeri: Bruno Bulaja, StankoIvanković, MargaretaKrstić, Ante Milas, Maria PachecoCibils, Daniela Rebuzzi, Stipe Renić, VeronikaŠulić, Ivana JovanovićTrostmann. Il signor Stipe Renić ha esposto la sua collezione privata e così, si sono potute ammirare le opere di: Ivan Meštrović, FranjoKršinić, Vasilije Josip Jordan, EmanuelVidović, SofijaNaletilićPenavuša e di Maria Teresa Sartori, pittrice italiana. La Prof.ssa Katja Bakija, critico d’arte eSvjetlanaLipanovićhanno inaugurato la mostra davanti  vari visitatori. Nel Catalogo,la Lipanovićha evidenziato che: “sotto il segno dell’arte i percorsi degli artisti nel campo della pittura e della scultura sono immortalati con le numerose opere di grande suggestione con le quali hanno raccontato con le immagini il complesso mondo contemporaneo.  Il detto del grande pittore Salvador Dali perfettamente definisce l’impostazione della mostra perché afferma che “ non è l’importante la realtà delle cose, ma come le vediamo noi e che cosa rappresentano per noi”. Di conseguenza, le opere esposte hanno rappresentato varie visioni della realtà, spesso trasformata nel modo come ogni artista la percepisce. In seguito a tale metamorfosi gli amanti dell’arte visitando la mostra hanno trovato diverse scene del quotidiano, a volte dipinto in modo realistico, disegnato con segni astratti del cromatismo affascinante dove l’interpretazione diventa molto soggettiva, immaginato come un sogno a occhi aperti con il gioco delle tonalità contrastanti, oppure inciso nel legno e realizzato in bronzo.   L’arte è da sempre un formidabile mezzo per raccontare la bellezza ma anche le verità spesso difficili da esprimere tramite il linguaggio.

“Colours of life” oppure “ Colori della vita” hanno brillato fino al 9 ottobre nelle sale assolate del palazzo rinascimentale; le opere sono state viste dai numerosi avventori che hanno apprezzato l’impostazione interessante della mostra pubblicizzata presso la stampa croata, la radio e la TV di Dubrovnik ed anche nella stampa italiana, tedesca, su web dell’Associazione Italo-Croata e su Internet.

2023: Marzo. Venezia 08/03 al 19/03. “FRAGILITY UNVAILED” Palazzo Pisani Revedin

2023: Marzo. Venezia 08/03 al 19/03. “FRAGILITY UNVAILED” Palazzo Pisani Revedin Personal exhibition. A cura di Anna Isopo.

Il Progetto Espositivo “Fragilità svelate” intende veicolare un messaggio di speranza per un’umanità libera di esprimere il proprio desiderio di leggerezza, senza timore di mostrare le proprie fragilità Pittura, scultura e installazioni declinate in diverse sfumature, linguaggi e tecniche si integrano con l’eccellenza della sede espositiva, collegate da un trasparente filo sottile che unisce altresì fruitore, artisti e spazi, con l’obiettivo di dar voce ai concetti di cui le opere si fanno portavoce, messaggi che sono destinati a riecheggiare in eterno.

Maria Pacheco Cibils è un’artista intensa e appassionata, artefice di una produzione piuttosto unica nel suo genere, in cui la Nostra inaugura una riflessione sugli elementi naturali e sul rapporto uomo-ecosistema. In questa mostra, in particolare, presenta una serie di opere di grande formato ispirate al Fuoco, simbolo di forza profonda nonché motore della rigenerazione periodica della Natura. Elemento primario e vivificatore per eccellenza, il Fuoco di Maria Pacheco Cibils viene espresso in tonalità decise, circoscritte essenzialmente al rosso vivo e al nero, rese sotto forma di una plasticità materica che si addensa sul supporto trasmettendo un’intensa emozionalità percettiva.
Tali sfumature cromatiche suggeriscono inevitabilmente un richiamo all’energia primordiale, al cuore incandescente della Terra, il che conferisce alle sue creazioni un aspetto delicato come la carne ma al contempo forte come la roccia, suscitando così nel fruitore un grande impatto emotivo. La natura e la vita emergono con estrema purezza dalla superficie pittorica, come fiamma eterna e indistruttibile, regalando all’osservatore un’esperienza catartica in cui soccombere e rinascere al pari della fenice che, dopo essere bruciata, risorge audace e potente dalle sue stesse ceneri. Nella produzione di Pacheco è dunque possibile cogliere un messaggio di resilienza e profonda vitalità, una sorta di colto richiamo al concetto di virtus romana intesa come rivendicazione di forza consapevole e perseveranza.
Martina Scavane
Storica dell’arte

INTERVISTA | Tempo, Luce e terra: L’Arte e icolori di Maria Pacheco Cibilis

Di Chiara Ricci 

Rome Art Week 2022 – “HŬMUS”
Biblioteca Angelica – Roma

HŬMUS Mostra Personale di Maria Pacheco Cibils A cura di Maila Buglioni

La mostra è composta da
17 dipinti di grande e medio formato e un’installazione multisensoriale.
Collaborazione in audio e montaggio di Niccolò Di Ferdinando ( ANTIFIGURE )
Progetto: Maria Pacheco Cibils

Hŭmus
Respiro dell’universo

HŬMUS: (Latino medievale) Terra / Suolo / Terreno/ Terriccio/ Paese
Sedimento profondo che permette il passaggio alla vita.
Trama sottile e sotterranea che favorisce la fecondità, la fertilità e la creazione.
Elemento essenziale per l’esistenza.
Anima, spirito, cuore e polmone del mondo.
Rifugio, spazio aperto, grande madre, materia, linfa vitale, ossigeno, respiro…
Rigenerazione, rinnovamento.
Alito segreto, ancestrale, verde umidità, foresta di ombre bluastre, fogliame,
natura in espansione dove i riflessi filtranti brillano negli occhi.
Sentori e profumi, suoni e colori; un percorso sensoriale carico di energia
in continuo movimento… immensa “mano verde”
che per Michel Pastoureau diventa simbolo del destino, della speranza, natura e libertà.
Prendersi cura dell’ambiente naturale, è prendere cura, ricevere cura.
Tutelare questo prezioso patrimonio, non è soltanto un imperativo ecologico ma filosofico.
Significa aprire, estendersi, accogliere mondo dentro per irradiarlo ad ogni vitale istante.

Maria Pacheco Cibils


“Un mondo dove non c’é più niente di selvaggio, non deve essere un bel mondo”
Francesco Sabatini

HŬMUS PER UNA METAMORFOSI DELLO SGUARDO
di Guido D’Angelo
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«Sono costretto a continue trasformazioni, perché tutto cresce e rinverdisce. Insomma,
a forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare»
Claude Monet

I dipinti che compongono il ciclo HŬMUS sono un caleidoscopio di impressioni, di sensazioni, di memorie visive, frammenti che si sovrappongono e si sedimentano sulle tele. Memorie e sensazioni di una natura percepita e assorbita sotto l’e”etto di un fascino che ha segnato profondamente l’artista Maria Pacheco Cibils.
La grande fascinazione che si prova davanti alla natura scaturisce, a mio avviso, dal fatto che essa ci mostra continuamente il nostro limite, in sostanza di essere solo degli umani. La natura in totale antitesi con noi, assolutamente inumana segue leggi a noi incomprensibili, è questo che chiamiamo fascino, rapimento dei sensi e dell’anima, entrando nel verde fitto di una selva. Incanto, insieme a un intimo e segreto terrore. Ci coglie una disarmante sensazione di nudità, che precede una
suprema angoscia, l’idea di finire ingoiati, la sparizione nel nulla intrigante della foresta. L’etimologia di umano deriva dal latino – humanus – e rimanda ad Hŭmus che significa terra, l’etimologia di umile deriva da humi – (a terra) che deriva sempre da Hŭmus. L’essere umano fin dai tempi antichi si considerava fondamentalmente una creatura della terra, legato ai cicli della madre terra, alla sua Hŭmus, alla sua umiltà, consapevole di essere parte dell’insieme della natura. Se consideriamo
questa visione originaria come una rappresentazione di equilibrio che ha accompagnato la storia dell’umanità per molto tempo, come un sistema regolatore degli elementi, uomo e natura insieme, dobbiamo allora considerare anche che questa verità era comunque inscritta in uno scenario ampio e multiforme, in grado di comprendere anche la natura come un’entità oscura e distruttrice, pronta a sovrastare l’uomo con tutto il suo personale sistema d’equilibrio. In questa posizione subalterna l’uomo era spesso assoggettato da forze contro le quali era costretto a lottare scontrandosi con fenomeni ignoti, nel tentativo di contrastare l’incomprensibile e inarrestabile violenza della natura selvaggia.
Gli artisti nel corso del tempo hanno subito il fascino di questo contrastante rapporto tra uomo e natura. La contemplazione di paesaggi selvaggi, detti anche “sublimi”, è stata ad esempio una delle costanti del romanticismo con notevoli risonanze più avanti nell’espressionismo. Un sentimento questo che ha attraversato la storia della pittura arrivando fino a noi. La pittura definita di paesaggio continua ancora oggi ad indagare la natura, con sguardi sempre più compromessi, sempre più
annebbiati, forse non più idonei e di certo inquinati. Lontani ormai dal sentire originario, incapaci di cogliere i movimenti vitali, le costanti trasformazioni che animano la natura nella sua complessità, incapaci di trasformazioni autentiche dello sguardo. Solo trasformando il proprio “punto di vista” si può “capire” un paesaggio. Le Metamorfosi (“Metamorphoseon libri XV” composte tra il 2 e l’8 d.C.) è l’opera di Ovidio definita il “poema delle trasformazioni”, dove viene rappresentato il divenire altro dell’essere umano, il suo trasformarsi. L’intimo dolore dell’esperienza della trasmutazione che scuote nel profondo le radici stesse dell’universo. Ovidio libera i sussulti e le lamentazioni, di tutte le singolari simbiosi, delle sensibilità inquiete di creature tormentate, nel loro trasformarsi, nel divenire altro.
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HŬMUS è la natura che si mostra, è la metamorfosi che si rivela nella sua nudità agli sguardi intimi e protetti dell’artista, che come un viandante solitario si lascia sfiorare dal so”o delle trasformazioni silenti, dall’infinito cromatismo del fogliame che penetra la vista, dai neri rami che nelle loro contorsioni si tendono tracciando segni nell’aria, dall’umida terra che emana profumi di rigenerazione, dai raggi di luce che filtrano tingendo tutto d’oro e di bronzo di antiche ere.
Paul Cézanne ha scritto: “È utilizzando la funzione della pittura, che consiste nell’ascoltare con totale dedizione la voce della natura e del paesaggio e con altrettanta dedizione trascriverla nelle forme della più eletta meditazione interiore, in una continua e ardua metamorfosi che si basa sul “reale” inteso come osservazione diretta delle cose e delle persone e mira al “vero” inteso come scoperta di un’essenza che vige nel mutevole mondo dell’esistenza, potrebbe cambiare l’atteggiamento
dell’uomo nei confronti del paesaggio e della natura per rispettarla e tutelarla.” Ecco ciò che si legge nelle opere di Maria Pacheco Cibils, consapevole che la pittura è una via per la trasformazione e per la liberazione, un invito a l’uomo per un necessario cambiamento, per tornare ad essere una creatura della terra e ritrovare la sua umiltà difronte alla natura.
Guido D’angelo
Artista e docente di Tecniche e Tecnologie per le Arti Visive
presso la RUFA – Rome University of Fine Arts

 

 

HŬMUS
di Maila Buglioni
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«E districati gli elementi fuori dall’ammasso informe, riunì quelli dispersi nello spazio in concorde armonia. Il fuoco, imponderabile energia della volta celeste, guizzò insediandosi negli strati più alti; poco più sotto per la sua leggerezza si trova l’aria; la terra, resa densa dai massicci elementi assorbiti,rimase oppressa dal peso; e le correnti del mare, occupati gli ultimi luoghi, avvolsero la terraferma»
Ovidio, Le Metamorfosi
«Riposava sulla schiena, dura come una corazza, e sollevando un poco il capo vedeva il suo ventre arcuato, bruno e diviso in tanti segmenti ricurvi, in cima a cui la coperta da letto, vicina a scivolar giù tutta, si manteneva a fatica. Le gambe, numerose e sottili da far pietà, rispetto alla sua corporatura normale, tremolavano
senza tregua in un confuso luccichio dinanzi ai suoi occhi».
Franz Kafka, Le Metamorfosi

Elementi naturali, sostanze organiche ed originarie. Entità ancestrali da cui ha avuto origine il nostro pianeta e che, ancora oggi, sono fondamentali per la sopravvivenza di ogni essere vivente. Legame viscerale che si palesa difronte alle diciassette tele realizzate da Maria Pacheco Cibils per Hŭmus: una mostra immersiva ove le di#erenti sfaccettature della foresta sono rianimate grazie alla sensibilità propria dell’artista difronte al disastro.
Un sentire che rievoca l’attaccamento alla madre terra e che emerge prepotentemente nel suo fare pittorico ove i sentimenti passionali sono generati per restituire all’osservazione le criticità esistenti. Tematiche rielaborate ed espresse attraverso di#erenti modalità, tecniche congeniali proprie all’artista.
Emozioni che traspaiono nelle corpose pennellate di colori decisi stese sulle tele, di medie e grandi dimensioni, disposte lungo le pareti della galleria della Biblioteca Angelica. Opere stracolme di dense stesure, di colature, di pittura grumosa che rimembra il complesso habitat vegetale e animale esistente nei grandi polmoni verdi ancora disponibili.
Hŭmus – s. m. [dal lat. humus s. f. «suolo, terra, terreno»] definito nel dizionario Treccani come quel «Complesso di sostanze organiche presenti nel suolo, di fondamentale importanza per la nutrizione dei vegetali, derivato dalla decomposizione […] di residui vegetali e animali, e dalla sintesi di nuove molecole organiche, ad opera di varî organismi[…]» – rappresenta un bisogno di porre attenzione su ciò che ci appartiene, ricordandoci le nostre origini – «Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris» (Genesi 3,19) – ma soprattutto – definito in senso figurato nel dizionario Treccani come «(fig.) Il sostrato di fattori sociali, spirituali, culturali ecc. che promuovono, favoriscono o condizionano il sorgere di situazioni, fatti e manifestazioni.» – è la ra!gurazione multisensoriale del ‘sedimento creativo’ che risiede in un fertile territorio e a cui s’ispira l’indagine pittorica di Maria Pacheco Cibils.
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L’esposizione racconta il sentire passionale dell’artista difronte a ciò che accade nel luogo naturale. L’intervento di Maria Pacheco Cibils ci fa rivivere i sentimenti scaturiti da una profonda riflessione su questo deposito (creativo e biologico), sull’urgente necessità di preservarlo dal pericolo che costantemente incombe su di esso.
L’energia della Terra è qui resa viva da vivaci tinte – verdi acidi, gialli accecanti, cupi e profondi neri, azzurri celesti, ruggini arancio, rossi cinabro – che, come ferite aperte, si stagliano lungo il tragitto, lungo il senso della sua pennellata aggrovigliata e materica. Composizioni gestuali che rimembrano quelle dell’Informale e che in questo ciclo pittorico sono impiegate da Maria Pacheco Cibils per urlare un impellente catastrofe. Come ci dimostra la mostra Hŭmus, la pittura – primo idioma impiegato dai primitivi nella caverna per comunicare con il prossimo – risulta ancora oggi uno dei mezzi più potenti per esprimersi. Per quest’occasione Maria Pacheco Cibils ha sentito la necessità di creare un’installazione multisensoriale ove odori e suoni – realizzati grazie alla collaborazione con Niccolò di Ferdinando (Antifigure) – ampliano quanto già visivamente espresso nelle sue opere pittoriche col fine di potenziare la sensibilizzazione dell’osservatore nei confronti delle assurde e inconcepibili violenze che l’uomo infligge al suo habitat naturale.
Hŭmus è, quindi, una riflessione sull’oggi e sul suicidio collettivo che inerti stiamo assistendo ma anche un invito a prenderne atto a favore delle generazioni future e dell’avvenire del nostro pianeta.

Maila Buglioni
Storica dell’arte e curatrice
caporedattore della rivista “Segno” e “Segnonline”

 

HŬMUS
di Mattia Cucurullo

Hŭmus racconta di un terreno fertile, dove anche la materia più compromessa si rigenera, trovando nuovee insospettabili energie nel cuore della putrefazione. L’operazione artistica di Maria Pacheco Cibils, incarnata nei 17 dipinti esposti in mostra, risponde alla vitalità di un fenomeno esteso, che si propaga da secoli silenziosamente. La creazione, in uno scenario naturale, si muove in continuità con tutte le forme dell’esistenza, anche nelle sue manifestazioni più minute, connettendosi con il macrocosmo di un universo in espansione. Tale movimento viene rinnovato dalla pratica artistica, che intercetta, rivitalizzata,catalizza le forze latenti della calda atmosfera vivente attraverso il fulgore di uno sguardo, mettendo in relazione il proprio mondo con un altro. La ricerca dell’artista, nello specifico, parte da una condizione di crisi, rilevando la di#coltà nella società contemporanea di fronteggiare un cambiamento climatico oramai irreversibile, che complica il nostro rapporto con il tutto-organico di cui facciamo parte. L’immagine – che emerge nella ricerca pittorica di Pacheco Cibils – registra la presenza boschiva all’interno di una stesura cromatica ricca e diversificata, (s)composta da segni gestuali che traducono una presenza impalpabile, fatta di spunti accennati ed emergenze improvvise. Le visioni dei suoi quadri evocano imprecise sensazioni. Immersi nello scenario selvaggio di una foresta, facendo risalire lo sguardo verso la fonte di luce solare, cercando di guardare frammenti di cielo oltre le fronde, nasce un segno:crudo e viscerale, indomito. Lascia alle sue spalle un movimento sottile e
discreto come un fruscio appena udibile. Il suo tracciato risuona nell’aria satura di umidità di questa natura immaginaria come il canto dell’alba. L’estasi della creazione si disperde nell’astrazione generale di un paesaggio che vive tutto nell’interiorità dello sguardo dello spettatore.
L’anima vegetale ha una sua misteriosa vitalità interna, che si muove attraverso un percorso perduto, nascosto dal fogliame, sepolto dalle ombre.
Resta un mistero in pieno giorno per la nostra coscienza che si perde all’inseguimento di tracce che non rimandano ad altro che alla banale evidenza del proprio enigma. Il motivo verdeggiante risulta impossibile da penetrare col solo intelletto. Estremainvisibilità e sensibilità cooperano nel rendere la tridimensionalità e la plurisensorialità di questa esperienza naturale. L’opera congiunta di Antifigure collabora con la dimensione evocativa di tali immagini, entrando in contatto con la materia che le compone, alla ricerca di sinergie e sinestesie. Il connubio alchemico di questa ricerca trasfigura la terra di Hŭmus in un’esplorazione tout court. L’armonia generale – composta da spunti accennati, emergenze figurali improvvise e disattese – si realizza in una miriade di impressioni: nel fruscio degli alberi, nel movimento delle foglie, nei fragori sparsi nella notte di questo ecosistema selvaggio, (im)memorie dell’esperienza di una primigenia violenza.
Mattia Cucurullo
Ricercatore presso la Scuola di Specializzazione
in Beni Storico-Artistici dell’Università La Sapienza

 

 

MULTITUDE – Fondazione Luciana Matalon – Milano

MULTITUDE

 

La Fondazione Luciana Matalon nasce nel 2000 dalla volontà di Luciana Matalon di creare uno spazio che sia crocevia internazionale di nuove idee, occasione di arricchimento visivo, emotivo e mentale.
La Fondazione ospita nella sua ampia sede, mostre storiche e di artisti contemporanei di pittura, scultura e di fotografia.
Negli ultimi anni ha consolidato un rapporto speciale con l’Oriente accogliendo progetti espositivi provenienti non solo dal Giappone, ma anche dalla Corea e dalla Cina e promuovendo mostre di Luciana Matalon a Tokyo, Yokohama e Hong Kong.
L’area museale retrostante inoltre garantisce continuità spazio-temporale all’opera di Luciana Matalon, artista poliedrica, pittrice, scultrice e creatrice di gioielli; un archivio completo ne documenta più di cinquant’anni di attività in America, Europa e Giappone.
Lo stesso spazio museale è un1opera d’arte: ideato e personalizzato in ogni sua parte dall’artista, è caratterizzato da una pavimentazione costituita da un intervento pittorico che si avvale di resine e fibre ottiche e accoglie rifiessioni e appunti dell’autrice stessa.

Elemento distintivo di “Multitude” titolo emblematico della nuova rassegna espositiva curata da Anna lsopo di Arte Borgo Gallery, è la moltitudine di linguaggi espressivi saldamenti connessi dalla lineare “identità interiore” degli artisti.
L’esposizione pone l’attenzione sulla singolarità espressiva di ogni singolo autore in cui pittura, scultura e fotografia definiscono un percorso artistico complesso che si sviluppa dalle loro storie e dalle loro culture le cui differenze non sono in contrasto ma caratterizzano la definizione di arte come espressione inconscia di sentimenti.
La moltitudine di lavori traccia una linea molteplice, non frammentata, saldata dalla necessità di espressione come esercizio dell’aanima e della mente, rappresentazione evidente di armonia e singolarità, un’estensione di relazione tra arte e vita, contenuto essenziale di ogni opera.

 

SYNESTHESIA – Museo Francesco Gonzaga – Manova

SYNESTHESIA

 

Città antichissima, Mantova raggiunse il suo splendore durante la dominazione della signoria dei Gonzaga.
Ricca di storia e arte si mostra come prezioso contenitore di numerose opere di grandi artisti che ne hanno lasciato tracce preziose.
Poprio l’eredità lasciata dai Gonzaga fa di Mantova uno dei centri più importanti del Rinascimento ltaliano ed Europeo.Il Museo Francesco Gonzaga museo diocesano di Mantova, aperto inizialmente nel 1974 con una mostra temporanea dal titolo Tesori d’arte nella terra dei Gonzaga, è stato inaugurato come museo permanente nel 1983 ed allestito nell’antico monastero agostiniano di Sant’Agnese.
Raccoglie significative e preziose opere d’arte tra dipinti. sculture, oreficerie, tessuti1 libri miniati, ceramiche, avori e persino armi ed armature. Svolge opera di
tutela, conservazione e promozione del patrimonio Eclesiastico. Dopo l’apertura, il primo nucleo degli oggetti esposti è andato rapidamente crescendo, anche per cospicue donazioni di privati, e in parallelo si è ampliato lo spazio ad essi destinato, sino a costituire uno tra i maggiori musei diocesani in ltalia per valore ed importanza delle opere custodite.

SYNESTHESIA è il titolo della nuova mostra organizzata da Anna Isopo di Arte Borgo Gallery ospitata presso il Museo Francesco Gonzaga di Mantova dal 29 gennaio al 10 febbraio 2022.
Un’esposizione internazionale che coinvolgere artisti orientati nelle varie espressioni dell’arte contemporanea dall’astratto al figurativo dal surrealistico all’onirico, dalla scultura al disegno.
Il titolo paradigmatico “SYNESTHESIA” è riferito proprio al principio sensoriale-percettivo nel coinvolgere più sensi. L’obiettivo della mostra è quello di concedere all’osservatore, un’esperienza che permetta di giovarsi dei propri sensi per riconsiderare ciò che appare.
Le opere in mostra delineano un dialogo tra forme, linee e colori tra i diversi linguaggi espressivi. L’arte figurativa è rappresentata da immagini identificabili della realtà o resa indefinita attraverso interpretazioni soggettive. Le complesse sculture mostrano le distinte interpretazioni della contemporaneità attraverso la sperimentazione di materiali innovativi e della tradizione. Queste opere dispensano emozioni che valicano l’aspetto estetico generando contenuti profondi in grado di sensibilizzare gli osservatori.

 

Rome Art Week 2021 – “Luminescenza”
Biblioteca Angelica – Roma

Rome Art Week 2021 - “LUMINESCENZA”

“LUMINESCENZA” 

Luminosità. Brillantezza. Fulgore.Lucentezza. Splendore. Fosforescenza.Incandescenza.

Ho scelto le lucciole, questi minuti esseri luminescenti ambasciatori della meraviglia naturale,metafore che rinviano alla nostra infanzia, stelle che cadono tra noi per indicarci i sentieri della vita nel buio della notte, sostegno e rinforzo per superare le difficoltà della società moderna, di una estrema precarietà.

La loro luce è un richiamo a prendere coscienza, e anche un invito a diventare simboli viventi per sopravvivere in questa umanità minacciata.

La vita respira anche quando si dorme ,le lucciole sono il collegamento tra il sogno e il sorgere del sole,piccoli orizzonti, limiti e aperture ,indicano il nostro posto e le nostre possibilità di movimento nel gioco della nostra esistenza.

Intuizione e ispirazione, magiche messaggere dell’inconscio, portatrici delle risposte da interpretare con autenticità e rinnovata consapevolezza.

Fascino ed eleganza è la loro presenza, pace infusa è la loro anima più pura,spontaneamente intrigante il loro percorso di luce.
L’arte può essere reinvenzione di nuove e più sostenibili relazioni fra gli individui e tutto ciò che popola L’Universo in cui viviamo.

Anime fragili, in cerca di risposte, ci limitiamo a interpretare i segni ,comunicare e anticipare.
Le lucciole emanano così una nuova visione, ispirano allo scandaglio interiore, unificano e verificano il sé … sono proprio loro a indicarci un nuovo splendore in questo lungo cammino.

Maria Pacheco Cibils

“Un uomo può essere nemico di altri uomini, di altri momenti, ma non d’un paese : non di lucciole, di parole, di giardini,di corsi d’acqua, di tramonti”

Jorge Luis Borges.

Luminescenza
di Roberta Melasecca

La Luna piena minchionò la Lucciola: / – Sarà l’effetto de l’economia, ma quel lume che porti è debboluccio… / – Sì, – disse quella – ma la luce è mia!” [1]

Nel 1975 Pier Paolo Pasolini pubblica un articolo sul Corriere della Sera dal titolo “Il vuoto del potere in Italia” nel quale conduce un’analisi sociologica e politica, partendo dall’immagine poetica-letteraria della scomparsa delle lucciole ed evidenziando una storia d’Italia prima della scomparsa delle lucciole ed una dopo la scomparsa delle lucciole.

[…] Poiché sono uno scrittore, e scrivo in polemica, o almeno discuto, con altri scrittori, mi si lasci dare una definizione di carattere poetico-letterario di quel fenomeno che è successo in Italia una decina di anni fa. […] Nei primi anni sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta). Quel “qualcosa” che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque “scomparsa delle lucciole. […]

Pasolini propone così una lettura della metamorfosi del potere in Italia individuando una sostanziale continuità tra il fascismo e la repubblica nata nel 1946, e una radicale discontinuità tra gli anni dell’immediato dopoguerra e gli anni del boom economico: la scomparsa delle lucciole coincide con il vuoto di potere e di ideali -con il passaggio, quindi, dall’epoca moderna a quella post-moderna-, non colmabile con la semplice modernizzazione di tecniche e tecnologie o con l’avvento di una nuova era in evoluzione che confonde, invece, il benessere con una crescita economica puramente falsa.

L’avanzata della stereotipia sociale e della globalizzazione ha messo e mette tuttora in serio pericolo quelli che Georges Didi-Huberman definisce, nel suo libro del 2010 “Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze”, “uomini-lucciole”, “parole-lucciole”, “immagini-lucciole”, “saperi-lucciole”. Riconoscendo merito all’analisi pasoliniana della modernità, il filosofo e storico dell’arte francese afferma, tuttavia, che lucciole sono ancora possibili nella nostra società contemporanea, seppure a lampi e tratti, e che lo stato di lutto per un passato ormai perduto può invece paralizzare l’intelligenza del presente.

Il percorso di ritrovamento delle lucciole è, dunque, un viaggio nel vuoto della notte dove loro ancora sopravvivono e si amano, fuggendo i fari abbaglianti “effetto dell’economia”, la liquidità della società attuale dominata dall’apparire come unico valore, dal consumismo sfrenato e dallo sfruttamento e depauperamento delle risorse naturali, e ricercando, per contro, una capacità di sentire se stessi all’interno di un unico sistema di natura, cultura e vita che illumina quell’amore reale radicato nel proprio modo di essere (cit. Pasolini). Così, l’essere umano-lucciola è una entità capace di produrre luce in modo autonomo e, come la bioluminescenza della lucciola, questa è sua caratteristica fisica costitutiva: possiede una luce interiore, brilla di luce propria e non riflessa, testimonianza di un nuovo umanesimo che lo ricentra, in una rinnovata simbiosi in trasformazione, all’interno di una struttura di cui si scopre elemento integrato e integrante.

Maria Pacheco Cibils, con il suo ultimo progetto “Luminescenza”, naturale evoluzione dei precedenti “Fuoco o della Rigenerazione”, “Fuoco Eternità Sapere”, “Dimensioni parallele” e “Il tempo sospeso”, continua la riflessione sugli elementi naturali e sul rapporto uomo-ecosistema, scoprendosi lei stessa donna-lucciola, nella speranza di custodire una luce propria che non sempre vede, così come le lucciole illuminano il retro del proprio passaggio. E lei, donna-lucciola, si scopre erede ed attrice di una società complessa in contraddizione, tentando un viaggio di conoscenza e scoperta attraverso il pensiero, la parola fatta immagine, un sapere fragile in composizione. Con un sentire istintivo e appassionato sferza concrezioni fluide di terra, acqua, aria e fuoco che si materializzano in opere di grande formato e in una video installazione sonora.

Le diciassette tele che campeggiano nello spazio univoco della Galleria della Biblioteca Angelica dipanano i temi consequenziali di natura/riflessi/luce/lucciole: l’artista delinea moti verso l’interno, introversi, attraverso la predilezione dei colori e dei toni freddi del verde e dell’azzurro, e moti verso l’esterno, estroversi, utilizzando nelle diverse serie colorazioni e tonalità calde del rosso e dell’arancio. Il fuoco elemento purificatore e vivificatore, l’aria energia vitale, l’acqua fonte di vita, la terra materia primordiale si affrontano e si confrontano in bagliori e lumi per poi congiungersi in una eterea danza amorosa di piccoli fari fissi ed intermittenti. A terra, con un gesto di commozione e compassione, l’artista sparge frammenti di vite e pensieri, immagini di cose andate e perdute, riflessi vaghi ed indefiniti di sopravvivenze, evidenze di morte e vita che si manifestano come desideri indistruttibili.

Abbagliati dai fulgori dell’attuale antropocene nel quale non esiste più, dunque, una netta separazione tra ciò che è naturale e ciò che è culturale, possiamo ancora vedere comparire le lucciole, forse mediante un’estrema azione di imitare la loro libertà di movimento: mentre abbandonano ed abbandoniamo la traiettoria più sicura ed ovvia, creano e creiamo altri mondi, altre scintille di umanità (per il momento intermittenti e clandestine).

 

[…] Ad ogni modo, quanto a me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorché multinazionale, darei l’intera Montedison per una lucciola.[3]

 

[1] Trilussa, La lucciola.

[2] Pier Paolo Pasolini, Il vuoto del potere in Italia, Corriere della Sera, 1975.

[3] ibidem

 

 

 

“Infinity Art”. International Exibition of Contemporary Art

INFINITY ART

L’Ateneo de Madrid è una delle più grandi sedi culturali della capitale spagnola. Un Istituzione culturale privata dedicata alla diffusione delle arti, della scienza e delle lettere, fondata nel 1835 da alcune tra le più alte personalità cultura- li spagnole con il nome di Ateneo Scientifico, Letterario e Artistico di Madrid, grazie al vento romantico-liberale dell’epoca portato dall’allora reggente Maria Cristina di Napoli.

L’Ateneo è un’istituzione di lunga data, che ha avuto una grande rilevanza nella vita culturale spagnola del XIX e inizi del XX secolo, fungendo da sede di dibattito e da spazio dove esprimere liberamente le proprie idee. Un luogo di grande valore storico, un’istituzione unica nel suo gene- re da due secoli, un riferimento sia in Spagna che a livello internazionale.

L’Ateneo oltre ad ospitare importanti mostre di artisti contemporanei ospita i ritratti e le opere di alcuni importanti personaggi, tra cui alcune opere di Rosales e Madrazo; tuttavia, il vero gioiello dell’edificio è la biblioteca in costante espansione, che oggi raccoglie oltre 200.000 volumi.

 

Anna Isopo di Arte Borgo Gallery presenta presso la prestigiosa Sala Prado dell’Ateneo de Madrid la nuova rassegna dal titolo Infinity Art. In mostra le opere di quaranta artisti internazionali che propongono lavori in cui prevale la sensibilità degli autori.

Infinity Art riunisce i diversi linguaggi che danno vita a riflessioni ed emozioni che solo l’arte riesce a trasmettere, opere in cui lo stato emotivo dell’artista si stacca dalla realtà e riprende il contatto con la spiritualità. Una mostra in cui l’arte infinita unisce culture differenti ed è considerata elemento di relazione e connessione tra artisti e osservatori.

L’Arte infinita diventa un connubio tra passato e presente in cui si fonde l’anima storica delle sale bicentenarie dell’Ateneo, da sempre luogo di predilezione per gli artisti, con la contemporaneità delle opere.

“Dialogo tra le Antitesis” Protagonisti Contemporanei.
Museo Crocetti.

Dialogo tra le antitesi

 

Il Museo Crocetti è un museo di arte contempo-ranea dedicato all’opera dello scultore italianoVenanzo Crocetti (1913-2003).

La struttura nasce per avere uno studio di grandi dimensioni che gli consenta di realizzare la Porta dei Sacramenti, in seguito al concorso vinto nel 1951, per la realizzazione della Porta di San Pietro.

Al laboratorio si aggiungono altri ambienti: la casa dove il maestro vive fino alla morte e il museo, inaugurato nel 2002, che custodisce le sue opere.

Il complesso museale è gestito dalla Fondazione Crocetti che ha come scopo principale la conservazione del lavoro dello scultore e custodisce il suo archivio. Il museo conserva più di cento grandi ope-re tra sculture in bronzo e in marmo, dipinti, opere su carta e documenti dello scultore abruzzese, che vanno dal 1930 al 1998.

 

Un confronto di contrapposti linguaggi visivi contraddistingue la mostra Dialogo tra le Antitesi curata da Anna Isopo. Una mostra che da spazio ad opere che pongono in antitesi le varie differenze stilistiche degli autori attraverso un dialogo che sottolinea la personale sperimentazione e la narrazione del proprio percorso. Un gioco di opposte connessioni che spazia dalla pittura alla fotografia, dal disegno alla scultura per dar vita a vibranti ed energici contrasti instaurando comunque un dialogo armonico che apre a contenuti riflessivi. Un modo di raccontarsi nel quale ogni singolare espressione rivela la volontà di raccontare e raccontarsi creando un interscambio con l’osservatore.

“In Contemporanea” Arte tra sperimentazione e ricerca.
Ambasciata della Repubblica Araba D’Egitto.

IN CONTEMPORANEA

La sperimentazione di vari linguaggi artistici parallelamente ad una ricerca di grande importanza é la nuova mostra promossa da Anna Isopo di Arte Borgo Gallery presso l’Ufficio delle Relazioni Culturali e Didattiche dell’Ambasciata delle Repubblica Araba d’Egitto con la partecipazione della Dr.ssa Hajar Seifelnasr.

“IN CONTEMPORANEA”Arte tra sperimentazione e ricerca é il titolo della collettiva d’arte che attraverso opere di pittura, scultura ,grafica e fotografia non svela volutamente il suo filo conduttore ma intende essere un incontro tra artisti che attraverso le loro differente modalitá stilistiche ,linguistiche e simboliche ,ci offrono l’opportunitá di riflettere sul significato dell’arte dandoci la possibilitá di continuare a fluire e regalando nuovamente all’osservatore emozioni forzatamente placate dagli eventi.

Una mostra in cui la multiculturalitá e passione sono occasione per riflettere sul rapporto tra uomo e natura ,tra forma e materia ,tra figurazione e astrazione alimentando un senso di partecipazione collettiva.

“Trame Contemporanee” Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea.
Palazzo della Cancelleria Vaticana

TRAME CONTEMPORANEE

è la nuova mostra curata da Anna Isopo ospitata nelle splendide sale del Palazzo della Cancelleria Vaticana, uno dei siti più prestigiosi nel cuore pulsante della città Eterna.

– Quaranta artisti del panorama contemporaneo internazionale presentano le loro opere focalizzando l’attenzione e la riflessione sull’importanza dell’arte contemporanea come dialogo costellato di storie, sensazioni ed emozioni. Trame interpretate e raccontate attraverso varie forme d’arte con la versatilità e universalità che contraddistingue ogni singolo artista.

Pittura, scultura e fotografia sono le trame affascinanti e caleidoscopiche, in cui i diversi linguaggi espressivi sono collegati da affinità emozionali. Un momento dunque di condivisione in cui bellezza, gusto e forma interagiscono con gli ambienti del Palazzo della Cancelleria Vaticana.

 

Situato nel cuore pulsante della Città Eterna, il Palazzo della Cancelleria Vaticana, costruito verso la fine del 1500 per volere del Cardinale Raffaele Riario, è uno splendido edificio in pieno stile rinascimentale che ha ricoperto nel corso della sua esistenza il ruolo di sede storica della Cancelleria Apostolica, arrivando al giorno d’oggi a essere il luogo in cui risiedono i tribunali principali della Santa Sede.

Il Palazzo della Cancelleria gode della fama di essere uno dei più affascinanti palazzi di tutta Roma, grazie anche alla bellezza dei travertini rossi ricavati direttamente dalle rovine del Teatro di Pompeo e al suo cortile interno, frutto di uno splendido progetto del Bramante.

Il piano nobile del Palazzo della Cancelleria ospita innumerevoli opere di grandi artisti: dalla volta del Salone di Studio affrescata da Perin del Vaga al celeberrimo Salone dei Cento Giorni, dove un affresco di Giorgio Vasari in onore del pontificato di Paolo III Farnese racconta uno degli aneddoti più interessanti su questo luogo straordinario: si racconta infatti di come il Vasari abbia impiegato esattamente 100 giorni per completare l’opera come richiesto dalla committenza.

 

Rome Art Week 2020 – il tempo sospeso
Biblioteca Angelica – Roma

Rome Art Week 2020 - IL TEMPO SOSPESO

Il Messaggero “di Roma

“IL TEMPO SOSPESO “di Maria Pacheco Cibils 

Il tempo smette di essere successione e torna ad essere quello che fu ed è originariamente, un presente, dove passato e futuro si conciliano finalmente”
Octavio Paz

Tempo fermo,
ma anche di affermarsi.
Momento di tregua, di ordine,
di attesa.
Vuoto e pieno.
Luce e ombre.
Energia mutante, controversa…
Piena di storie, ricordi, silenzi
d’ inquietudine.
Musica, riflessioni, isolamento.
Alti e bassi.
Meditazione.
Mancanze, incertezze.
Tempo di entrare dentro
di scavare, indagare, scoprire…
Chi siamo veramente
e dove vogliamo andare.
Tempo di creare il nostro Universo.

Maria Pacheco Cibils

Il tempo del silenzio
di Roberta Melasecca
BIBLIOTECA ANGELICA – 26-31 OTTOBRE 2020 – MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

“Il mio libro s’apre e si chiude su immagini di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste nelle città infelici.” (Italo Calvino, Le città invisibili)

Negli spazi della Galleria Angelica Maria Pacheco Cibils presenta le sue riflessioni durante questo complesso periodo che da otto mesi ha modificato le vite individuali e collettive di ogni paese del mondo. Utilizzando lo strumento dell’arte racconta di un tempo fermo, frammentato, abitato da momenti di isolamento, di meditazione, di ordine e disordine reale e mentale, di tregua e inquietudine, di scoperta di possibilità interiori e capacità di resilienza, come è stata da alcuni definita. Un tempo sospeso, per lei e forse per molti di noi, materializzato in 33 opere di vari formati, dai dipinti 50×50 cm a quelli 180×180 cm ad alcuni di più grandi dimensioni.

Maria narra di un tempo assolutamente reale, talmente reale che può sembrare o perfettamente banale o eccessivamente impossibile trasformarlo in parole, in altre parole che tentano di spiegare, giustificare, esprimere, consolare, obiettare, discutere, analizzare, controbattere, pianificare, esporre. Ognuno di noi scrive e parla parole ogni giorno da otto mesi provando a scovare le città felici nascoste nelle città infelici, nell’estremo e necessario tentativo di dare loro forma e non farle svanire.

Pertanto ho fatto numerose ricerche sulle pandemie nel corso dei secoli, sulle probabili cause e sulle relative conseguenze per tentare un approccio analitico e con le mie parole dare una visione o un pensiero. Ma il risultato mi pare perfettamente banale e estremamente riduttivo.

Ho cancellato le parole. Ho tentato allora una lettura di stampo filosofico e psicologico sul concetto di felicità sul quale la letteratura, dai tempi di Epicuro fino ai giorni nostri, si è ampiamente dibattuto. Impresa eccessivamente impossibile da contenere in un testo da leggere in pochi minuti, mentre davanti a me il libro di Mare Augé presenta 114 pagine non esaustive del problema. Ma forse anche una trattazione più estesa potrebbe portare alla stessa conclusione: abbiamo rinunciato a definire la felicità, dando per acquisito e accertato che si tratti di una condizione duratura alla quale è normale aspirare (cit. Mare Augé) e alla quale ciascun cittadino ha diritto. Dopo tutto nel 2013 l’ONU ha istituito la Giornata Mondiale della Felicità, pubblicando poi ogni anno il World Happiness Report, un rapporto sulla felicità mondiale che esamina la qualità della vita in più di 150 paesi e che si basa su diversi parametri: PIL pro capite, sostegno sociale, speranza di vita in buona salute, libertà di fare
scelte di vita, generosità e libertà dalla corruzione.

L’ONU ha decretato chiuse le dissertazioni sulla felicità riducendole all’applicazione di semplici criteri che dipendono da noi individualmente e dalla struttura delle società e delle comunità. Italo Calvino si rivolterebbe nella tomba (ma anche tutti i pensatori dall’antichità in poi). Per Umberto Eco ogni proposta del nostro contemporaneo appare come un appello a una vita felice: la crema per rassodare il viso, il detersivo che finalmente toglie tutte le macchie, il divano a metà prezzo, l’amaro da bere dopo la tempesta, la came in scatola intorno a cui si riunisce la famigliola felice, l’auto bella ed economica e un assorbente che vi permetterà di entrare in ascensore senza preoccuparvi del naso degli altri; e il nostro diritto al perseguimento della felicità si realizza nel soddisfacimento dell’acquisizione di beni ma non di certo quando votiamo o quando mandiamo i nostri figli a scuola. E dal lato etimologico, e sensoriale, non esisterebbe la concezione della felicità se non apparisse, reale e palpabile, quella dell’infelicità: anche i nostri ricordi da bambini, quelli più vividi e intensi, sono gli episodi di dolore, soprattutto fisico.

Ricordo perfettamente quando sono caduta nella rampa di un garage, il braccio destro scorticato, le lacrime chiuse nella gola e il sorriso stampato per essere forte. Mentre ricordo vagamente tutti i minuti di bambina felice, e a detta dei miei genitori sono stati tanti. Di fronte al tempo dei nostri ricordi lontani o recenti e al tempo presente vivente, la condizione della felicità dovrebbe apparire una situazione in movimento ed invece persiste nella nostra consapevolezza come immobile e permanente. L’infelicità causata dal rifiuto della persona amata sussiste in noi come condizione ineluttabile e non transitoria, come attualità che definisce la nostra vita e non cede il passo ad una realtà futura. Felicità per tutta la vita, senza dubbi, dolori, crisi. Rimanere e permanere in vista di un solo presente consente di evitare ogni definizione di felicità, trasformandone il desiderio in diritto assoluto e nella negazione e svalutazione di ciò che impedisce il suo raggiungimento. Misurando la felicità attraverso diagrammi e grafici, lavorando, giustamente, per i parametri che definiscono la felicità personale e sociale, noi contemporanei siamo divenuti incapaci di venire a patti con la morte (cit. Umberto Eco).

La scomparsa della morte (e dell’infelicità) dal nostro continuo vissuto, quale evento che pur appartiene alla vita stessa, alimenta ed intensifica il proliferare di parole pronunciate e scritte per descrivere e rappresentare le mie condizioni interiori ed esteriori, che si confondono e si fondono con le miriadi di parole pronunciate e scritte per descrivere e rappresentare le condizioni interiori ed esteriori di ognuno di noi 60,36 milioni di italiani, 741,4 milioni di europei, 7,594 miliardi abitanti del mondo.
A questo punto l’arte viene in mio aiuto e mi permette quello che non riesco ad esprimere e definire senza il rischio di generare un’infodemia di informazioni. Le parole di Maria, allora, prendono corpo e si animano in sferzate di colore che nascono da un movimento interiore intimo e personale e si diffondono collettivamente. Sono spazi sui quali posso rimanere solo per tempi limitati e instabili; di certo non sono la risposta ai miei e ai nostri interrogativi e non acquietano il mio e il nostro sentire. Ma per un singolo momento, per un istante immediato posso non pronunciare lettere le une accanto alle altre.

Posso stare in silenzio.

“Scrivere troppo è pericoloso: noi abbiamo così, sempre dinanzi agli occhi, scolpita in parole incancellabili, l’immagine di quello che valiamo, lo specchio sincero che rispecchia il nostro autentico aspetto.” (Andrea Erno, La voce incomparabile del silenzio)

 

 

 

“Human Perceptions” Group Exibitions Contemporary Art Mostra Internazionale di Arte Contemporanea.
Co Galleries – Germany – Berlin

Con la mostra Human Perceptions, ogni artista si confronta attraverso la realizzazione di un’opera d’arte sulle tematiche quotidiane di un essere umano che da

ordinarie si rivelano straordinarie. Una percezione che si rivela straordinaria quando appagati delle proprie esigenze materiali si esamina il rapporto con gli altri, individuando qualcosa che oltrepassa noi stessi.  L’arte espressa in tutte le forme è strumento di riflessione e di dimostrazione di percezioni insolite, straordinarie…umane, che riesce a plasmare il modo di rapportarci con il mondo… tra esseri umani, ambiente e natura.

Si realizzerà con la partecipazione di CO.GALLERIES (Berlin) sito nel quartiere Mitte al centro di questa città famoso per la quantità di musei e gallerie di Arte Contemporanea.

 

“GENESIS” Mostra Internazionale di Arte Contemporanea.
Museo Bellini – Firenze

“GENESIS”

 

Il termine “GENESIS” di derivazione greca racchiude in sé il nostro concetto di nascita.
Il nodo centrale di una mostra che porta gli artisti a riflettere su temi che spaziano dalla creazione biblica del mondo fino alla rinascita fisica e spirituale di ognuno di noi.
Scultura, pittura, fotografia, ciascuna forma d’arte partecipa al dialogo degli artisti in un tempo, il nostro contemporaneo, nel quale la velocità e l’immediatezza hanno preso il posto della riflessione sulla nostra quotidianità, sulle nostre origini, mentre un nuovo insieme di valori e di spunti è necessario per riappropriarci del presente.
Attraverso le opere presenti in mostra, ciascun artista porta il suo tassello personale all’interno di un percorso unico, incentrato sulla necessità di un intervento umano ed artistico, trascendendo il proprio io e proiettando, attraverso l’arte, una trasformazione interiore.

Il MUSEO BELLINI è un museo privato di Firenze, situato sul Lungarno Soderini, in Oltrarno. Ospita la collezione di una famiglia che è stata protagonista del marcato dell’arte sin dal 1756.

Il magazzino n. 5 è considerata la nuova location raffinata e suggestiva ricavata, appunto, dagli antichi magazzini della Galleria Bellini, ambientati nella struttura quattrocentesca del Palazzo Soderini la cui facciata è stata ridisegnata dal famoso architetto Coppedé, in un raro e affascinante luogo al pian terreno del Palazzo Bellini, affacciato sulle rive dell’Arno, dove si può respirare un’atmosfera unica nel suo genere e strettamente legata all’antico.

 

 

Arte a Venezia “Sguardi Contemporanei”
Mostra Internazionale di Arte Contemporanea.
Centro d’Arte San Vidal – Venezia

All’interno del suggestivo Centro Espositivo San Vidal, la mostra Sguardi Contemporanei, propone di artisti che ci raccontano attraverso variegati linguaggi di creatività e di stili le loro sensazioni ed emozioni in un armonioso dialogo.

Con una selezione di opere presenti, la mostra si propone di esplorare il rapporto tra l’artista contemporaneo e la città di Venezia, rapporto che necessariamente si muove e si ricongiunge con la storia e la tradizione artistica millenaria della città, la sua architettura unica nel mondo, la sua collocazione storica e geografica, ed il suo ruolo allo stesso tempo di icona culturale e di continua innovazione nel nostro presente.

La ricerca e a sensibilità viene rappresentata con variegate forme espressive in cui ciascun artista elabora la sua visione di “Sguardi”, indagando ed evocando la complessità del mondo contemporaneo, restituendo nel contempo all’osservatore un nuovo sguardo.

Sguardi contemporanei come testimonianza di emozioni e sensazioni che dialogano e regalano all’osservatore messaggi impercettibili attraverso cromie e immagini.

Rome Art Week 2019 – DIMENSIONI PARALLELE
Salone monumentale Biblioteca Angelica – Roma

Rome Art Week 2019 - DIMENSIONI PARALLELE

L’idea generale del progetto vuole rappresentare gli essere umani, nomadi, passeggeri di un mondo in continuo movimnto. Supportano lo sradicamento, la precarietà, differenza di comportamenti, idiomi, vivendo due mondi parallelli uno conosciuto e l’altro immaginario portando on loro la speranza di un cambiamento.

Descrizione dell’opera installazione composta di strutture, sculture, dipinti e piattaforme di elementi naturali.

 

Installazione Biblioteca Angelica Salone Monumentale a cura di: Roberta Melasecca

Maria Pacheco Cibils
Dimensioni parallele
di Roberta Melasecca

“Chi anche solo in una certa misura è giunto alla libertà della ragione, non può non sentirsi sulla terra niente altro che un viandante per quanto non un viaggiatore diretto a una meta finale: perché questa non esiste. Ben vorrà invece guardare e tener gli occhi ben aperti,
per rendersi conto di come veramente procedano le cose nel mondo; perciò non potrà legare il suo cuore troppo saldamente ad alcuna cosa particolare: deve esserci in lui stesso qualcosa di errante, che trovi la sua gioia nel mutamento e nella transitorietà.”

(Friedrich Nietzsche, Il viandante, Aforisma 638, Umano troppo umano)

Le scoperte scientifiche di Luigi Luca Cavalli Sforza sui cromosomi e i suoi studi sulla genetica delle popolazioni, sulle migrazioni dell’uomo e sulle interazioni tra geni e cultura hanno evidenziato come la comunità umana, dal tempo dei primi ominidi che lasciarono il continente africano circa 100mila anni fa per poi colonizzare il resto del pianeta, sia stata un continuum in perenne migrazione.
Esiste in noi l’essenza di qualcosa di errante, siamo viandanti diretti verso una meta forse inesistente, perché radicata in un itinerario intimo, “sacro”, dove il passato grava sul presente e contiene tutti i probabili accadimenti del futuro. Migrare, essere costantemente in cammino, caratterizza da sempre la condizione umana, è parte fondante della natura dell’uomo tanto da specificarne l’identità, è una categoria dello spirito ed imperativo etico, è tensione verso l’ignoto, scoperta di mondi esteriori ed interiori. E’ nuovo inizio, nascita e rinascita, e contemporaneamente abbandono e separazione. Già nella sua etimologia il verbo partire ha analogie con il verbo partorire: entrambi contengono il concetto di separazione e distacco ma anche l’immagine di un’era in divenire, di un risveglio, di un nuovo essere. Partorire deriva da pario a cui è collegato parare (acquistare, preparare) e separare (allontanare); partire deriva da parte e il suo significato è ripartire, distribuire le
parti e dunque separare.
La partenza, e più in generale il viaggio, lo spostamento fisico e spirituale, individua due dimensioni, non sempre consequenziali, ma spesso coesistenti – inizio e fine, nascita e morte, abbandono e acquisizione – che rappresentano visioni e realtà del processo di individuazione. Restare dentro e spostarsi: chi migra sfida il timore dell’abbandono delle certezze e del proprio habitat, supera e ridefinisce i confini, porta con sé storie legate al luogo primigenio e le attraversa in un tracciato di continuo movimento, immagina una evoluzione che plasma il mondo circostante.
Maria Pacheco Cibils conosce le peregrinazioni dell’anima e del corpo: spostandosi tra l’Italia, l’Argentina e il Portogallo sperimenta giornalmente dimensioni conosciute e inedite e la sua ricerca artistica è intrisa di volti, spazi e immaginari. Ogni sua opera è il risultato di una scelta decisa, della conquista di una autonomia, di una rinnovata coscienza di sé, di un’esperienza di conversione permanente. Negli spazi della Biblioteca Angelica, dove

sospeso è il momento in soglie invisibili, l’artista si insinua generando una sincronia di tempi e una stratificazione di luoghi.
L’installazione Dimensioni parallele definisce un percorso di pazienza e costanza, di struggenti distacchi e crudi abbandoni, di cambiamenti lenti e inevitabili; racconta di storie che esigono forme di duttilità e che testimoniano passaggi mutevoli. L’artista, migrando da sé, inscena e costruisce un progetto di vita aperto: attraversa un mare di differenti accadimenti e, stanziando in una condizione di permanente erranza, approda in sabbie ancora fluttuanti. Il dittico, che fluidamente si staglia all’interno di una struttura determinata, è il viaggio catartico della propria coscienza che procede in un sistema ciclico di andata e ritorno, fondando le radici nel gioco degli opposti e dei contrasti; mentre dall’ombra di ricordi e memorie, l’artista trafigge il piano spaziale attraverso un asse lineare materico da cui si odono voci lontane di disperazioni e speranze. L’utilizzo dei due
soli colori, bianco e nero, afferma l’evidenza di una dualità che non si risolve necessariamente in una serafica attestazione della realtà, ma accentua l’andare e il tornare verso i lidi dell’anima.
Dimensioni parallele non è dunque il riflesso di un’esperienza personale e privata dell’artista ma uno stato esistenziale collettivo, dove tutti ci riconosciamo migranti, per necessità o per il bisogno di ricercare orizzonti diversi e differenti punti di vista, per sopravvivere talvolta e non abbandonare le attese.

“E subito riprende / il viaggio / come / dopo il naufragio / un superstite / lupo di
mare.” (Giuseppe Ungaretti, Allegria di naufragi, 1917)

DIMENSIONI PARALLELE Maria Pacheco Cibils a cura di Roberta Melasecca. Salone Monumentale Biblioteca Angelica

DIMENSIONI PARALLELE – installazione composta da strutture varie, sculture, dipinti su piattaforma di Maria Pacheco Cibils a cura di Roberta Melasecca.La Biblioteca Angelica MiBACT ha presentato oggi lunedì 21 ottobre presso il Salone Monumentale della Biblioteca, l’installazione Dimensioni parallele dell’artista argentino-portoghese Maria Pacheco Cibils, a cura di Roberta Melasecca.#mariapachecocibils #arte #mostra #bibliotecaangelica #roma #robertamelasecca #artegoit #art #artist #artwork #artgallery #artshow#romeartweek2019

Publiée par UnfoldingRoma magazine sur Lundi 21 octobre 2019

Piazza Sant'Agostino

Publiée par Bellezze di Roma sur Samedi 19 octobre 2019

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Rome Art Week 2017 – FUOCO – ETERNITA’- SAPERE
Salone monumentale Biblioteca Angelica – Roma

Rome Art Week 2017 - FUOCO - ETERNITA'- SAPERE

In occasione di Rome Art Week 2017, la Biblioteca Angelica (MiBACT) presenta lunedì 9 ottobre 2017 alle ore 18, presso il Salone Monumentale della Biblioteca, l’installazione dell’artista argentinoportoghese
Maria Pacheco Cibils, “Fuoco – Eternità – Sapere”.

A Roma alla Biblioteca dell’Angelica, un luogo magico, un teatro silenzioso di profumi ancestrali e riflessi dorati, una sintesi di cultura secolare, oggi presento questa installazione che vuole essere un semplice omaggio a un’istituzione che nei suoi quattro secoli di storia ha un enorme significato nel mondo.

Attraverso il fuoco, l’elemento primario, suggestivo e fondamentale della natura e della vita che con la sua dualità brucia totalmente il superfluo, lasciando solo l’essenza, la verità emerge pura e intatta, immortale ed eterna, come una fiamma indistruttibile, rigenerando e purificando ogni cosa nella sua passaggio.

Il fuoco è agente di trasformazione, perché tutte le cose nascono in esso, e in esso tornano
(Eraclito)
Maria Pacheco Cibils è una designer e artista argentino-portoghese. Il suo lavoro spazia tra architettura di interni, ristrutturazioni, ambientazioni, scenografie, realizzazione di abiti, costumi di scena, oggetti d’arte e gioielli, pitture e installazioni. Ha realizzato numerose presentazioni e performance per pittori e fotografi; ha collaborato con prestigiose riviste, giornali e canali televisivi per rappresentazioni teatrali e di danza classica e contemporanea. Creatrice di vari marchi, ha sviluppato prodotti e grafica degli stessi in Argentina, Paraguay e Italia. Attualmente lavora tra Italia e Argentina.

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LA RIEVOCAZIONE STORICA DELLA GIRANDOLA IN SINCRONIA MUSICALE AL PINCIO – 29 GIUGNO 2017

La Girandola: In mostra : Fiamma Vitale a cura di Francesca Barbi Marinetti.

Quest’anno La Girandola, lo spettacolo più esplosivo di Roma, ospita un’opera d’arte dedicata al Fuoco dell’artista argentino-portoghese Maria Pacheco Cibils. L’occasione è stata offerta dalla Biblioteca Angelica, ed in particolar modo per volontà dalla sua direttrice Fiammetta Terlizzi. Non tutti sanno che tra le molte attività che L’Angelica svolge, oltre all’ordinario servizio bibliotecario, vi è quella delle esposizioni d’arte contemporanea nella Galleria al piano terra.

In queste prestigiose sale, tra maggio e giugno di quest’anno, l’artista Pacheco Cibils è stata presente con la sua prima personale in Italia dal titolo “Fuoco o della Rigenerazione” presentazione di di Barbara Martuscello. Tra i ventotto dipinti di grande formato appartenenti ad una serie dedicata ad uno dei quattro elementi naturali, il Fuoco, è stata selezionata la grande opera “Fiamma vitale” per la dinamicità e la mobilità vibrante di energia del gesto pittorico. Sono quadri dalle pennellate materiche e decise dove i colori del fuoco, in cui predomina il rosso vivo, rimandano alla potenza primigenia rigeneratrice. Il Fuoco, citando le parole dell’artista Maria Pacheco Cibils, è il simbolo della luce e del sole, della passione e della purificazione, è come l’Araba Fenice che bruciando si ricrea e si evolve, è ciò che unisce e separa la materia dallo spirito.

Un’immagine che ben accompagna l’atteso appuntamento con i fuochi barocchi della Girandola, così pieni di storia ma al passo con le nuove tecnologie tanto da offrire agli spettatori di oggi una rinnovata magnificenza.

STORIA DELLA GIRANDOLA

Si quid de arce S. Angeli dicam quae ex ignibus undequaque tam vivacibus tacque multis, ut ardens fornai unus putaretur, tum radiis in coelum usque porrectis, et sclopis pene non credendis, et girandulis tam  mire fabricatis, coruscabat, rutillabat, tonabat, ut omnes non minus ab aspectu quasi attoniti admirarentur, …………… ne coelum ipsum quid rueret.

PARIDE DE GRASSIS (1470-1528) ediz. Frati pg. 327

Se dovessi dir qualcosa su Castel S. Angelo, il quale a causa di fuochi da ogni parte così vivaci e così numerosi sembrava un’ardente fornace, quando per bagliori sino al cielo e per granate quasi incredibili e girandole cosi mirabilmente fabbricate, brillava, rosseggiava, rimbombava in modo che tutti si meravigliavano quasi attoniti ……………………..come che qualcosa facesse venir giù lo stesso cielo.

(Traduzione mons. Antonio Pelosi, sez. Latinisti Città del Vaticano)

Con queste parole Paride De Grassis, maestro delle Cerimonie Liturgiche di Papa Giulio II, descrive la Girandola intorno al ‘500. Successivamente altri maestri cerimonieri, tra cui Fulvio Servanzio e Paolo Mucanzio ci forniscono testimonianze preziose sulla complessa architettura della Girandola, descrivendone la sua straordinaria bellezza.

Nel suo trattato “De la Pirotechnia” pubblicato nel 1540, l’artigliere di Papa Paolo III, Vanoccio Biringuccio, descrive così “La Maraviglia del Tempo” : «Al terzo giro tirano molti razzi, i quali sono longhi un palmo che di poi sono andati in alto con una longha coda e che par gli habbino finito, schioppano, e mandan fuori sei o otto razzetti per uno, nella maggiore sommità del castello, dove è l’Angelo attaccato à l’arboro del stendardo, adattato una forma d’una grande stella, che contiene molti razzi».

Per capire perché uno spettacolo di questo tipo fosse tale da funzionare durevolmente e penetrare la storia di Roma, bisogna fare un salto indietro nel tempo passando in rassegna alcuni celebri personaggi che vi gravitarono attorno.

Pochi sanno che l’artista Bernardo Buontalenti (1531-1608), fortemente legato alla personalità di Michelangelo Buonarroti e al Rinascimento toscano, era soprannominato Bernardo delle girandole e Benedetto Buonmattei (1581-1648) membro dell’accademia della Crusca, l’Affumicato, proprio per la loro dedizione all’arte della pirotecnia.

Anche l’architetto Niccolò dei Pericoli detto il Tribolo (1500-1550) divenne famoso per le sue coreografie dei fuochi. La sua bottega era conosciuta in città per la fabbricazione di ordigni bellici dotati di punte metalliche: probabilmente è da questa sorta di ‘botti esplosive’ che derivò il soprannome ‘Pericoli’.

Questi personaggi, attraverso l’ideazione e la realizzazione di progetti pirotecnici, si adoperavano per celebrare la committenza dei nobili, poiché l’esecuzione dei fuochi d‟artificio a quel tempo era indice di forza e di potere.

E ancora M.A. Valena nel 1618 parla della Girandola concepita “a imitazione del vulcano Stromboli che vomita fiamme e foco”.

Fu nel 1481 per l’esaltazione al Pontificato di Sisto IV, che s’introdusse per la prima volta la Girandola, riproposta ogni anno per festeggiare eventi solenni, come la Santa  Pasqua, la ricorrenza dei Santi Pietro e Paolo e l’incoronazione del nuovo Papa. La Girandola non è un soltanto uno spettacolo pirotecnico, ma un evento ideato per esaltare la bellezza della fede e la vittoria gloriosa del bene sul male.

I più grandi artisti di tutti i tempi sono stati chiamati dai Pontefici per fare della Girandola un evento in cui luce e fuoco fossero i parametri simbolici che rimandassero alla purezza e alla bellezza della fede cristiana.

Molti celebri artisti e scrittori hanno esaltato la girandola: Charles Dickens, ad esempio, scrisse della bellezza e magnificenza dei colori, che rapivano gli spettatori; il poeta romano Belli le dedicò alcuni sonetti, tra cui “Er passetto de Castel Sant’Angiolo”, “Er confessore e “La ggirannola der ’34”, e ancora Haendel nel 1718 compose un’opera dal titolo “Music for the Royal fireworks”, e l’artista veneziano Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) autore de le “Carceri”, contribuì a renderla famosa dedicandole una serie di incisioni.

Molti scienziati e chimici si confrontarono con questa nuova forma d’arte, che trasforma la pietra con i suoi metalli in colori. Come l’accademico francese Abraham Bosse (1602-1676) e l’ingegnere lituano Casimir Siemienowicz (1600-1651), che nei loro scritti elencarono le prime miscele necessarie per ottenere colori ed effetti brillanti.

Nel 1851 la Girandola venne proposta al Pincio in tutta la sua nuova bellezza ad opera dell’architetto Vespignani, tuttavia, queste rappresentazioni erano a carattere saltuario e non più un appuntamento fisso. Ed arriviamo al 1887 dove la Girandola del Pincio assume nuove scenografie e spettacolarità mai raggiunte e il gruppo IX Invicta, studiando antichi schemi e relazioni, è riuscito ad elaborare le antiche scenografie ideate dall’architetto Ersoch e a riproporla in questa edizione del 2017.

 

Tratto da uno studio del cav. Giuseppe Passeri

La rievocazione oggi …

Il progetto della Girandola 2017 proporrà quelle scenografie fantastiche ideate dall’architetto Ersoch, anche senza l’apparato effimero. Gli artifizi pirotecnici pensati dal cav. Giuseppe Passeri saranno ideati per esaltare l’apparenza dei volumi degli edifici effimeri che ovviamente non ci sono, ma conferiranno in maniera illusionistica sostanza materica alle architetture effimere concepiti dal grande architetto Ersoch e rappresentati attraverso la magia del fuoco d’artificio, creando un vero gioco di disegni onirici, fantastici e di strutture, laddove c’è solo lo spazio e il nulla. Questa edizione sarà anche un passaggio della Girandola del futuro. Il gruppo Nona Invicta, infatti, si è immerso in profondi studi scientifici contemporanei, aventi come oggetto la scienza della luce. Si sa, pertanto, che sfruttando l’eccitazione delle molecole sotto una determinata temperatura, si generano radiazioni elettromagnetiche che cadono nella regione del visibile. La stessa cosa avviene nella preparazione degli artifizi pirotecnici, dove una giusta e attenta temperatura genera nella miscela determinati effetti che noi vediamo come colore. Conoscendo, dunque, determinati parametri si possono preparare colori ed effetti del tutto nuovi e futuristici, traguardo questo, raggiunto dopo lunghe prove e in modo empirico dal Gruppo IX INVICTA.

COMUNICATO STAMPA

29 GIUGNO 2017, TORNA LA RIEVOCAZIONE STORICA DELLA GIRANDOLA IN SINCRONIA MUSICALE AL PINCIO

L’undicesimo anno per il tradizionale spettacolo di fuochi d’artificio che celebra i patroni della Capitale con dedica a Gioacchino Ersoch e a favore  dei terremotati dell’Associazione “CAPODACQUA VIVA”.

Giovedì 29 giugno 2017 ore 21.30

 Piazza del Popolo

Giovedì 29 giugno, alle ore 21,30, in occasione della ricorrenza dei

  1. Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, torna ad accendersi la Girandola sulla terrazza del Pincio.

La Girandola, con i suoi venticinque minuti di spettacoli pirotecnici, sarà eseguita in sincronia musicale sul repertorio musicale classico.

Ideata e realizzata dal Gruppo Nona Invicta, la manifestazione, promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, Acea, Associazione Metamorfosi, Agenzia Ninetynine, e patrocinata da Mibact, Comune di Roma, Pontificio Consiglio della Cultura, sarà trasmessa in diretta streaming e digitale terrestre su Èlive Roma, anche media partner dell’evento, con copertura nazionale.

L’edizione di quest’anno avrà come charity i terremotati di Capodacqua – Centro Italia – rappresentata dall’Associazione “CAPODACQUA VIVA” che sarà presente in piazza per la raccolta fondi a favore dei terremotati. Per i contributi: IBAN: IT 34 L 030 6913 5061 0000 0004 953

Il Presidente della Fondazione Terzo PilastroItalia e Mediterraneo, Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele afferma: “La Fondazione Terzo Pilastro è ormai da anni partner di questo suggestivo evento, particolarmente amato dai romani e motivo di stupita ammirazione da parte degli stranieri che in questa stagione affollano la città. Si tratta – come amo sempre ricordare – di un omaggio doveroso a quelle che sono le tradizioni più antiche e affascinanti della Capitale, come tali assolutamente degne di essere tramandate di generazione in generazione e salvaguardate dall’oblio. La Girandola, quest’anno arricchita dalla dedica esplicita a Gioacchino Ersoch, l’ultimo architetto pubblico a concepire nel 1887 uno spettacolo contestualizzato proprio al Pincio, porta con sé il valore del senso di appartenenza alla Città di Roma, arricchendone in maniera unica ed irripetibile l’offerta culturale di inizio estate”.

 

Federico Mollicone

Coordinatore del Comitato promotore de La Girandola

ʺCelebrare l’undicesima edizione al Pincio è un’emozione indescrivibile – dichiara Mollicone -, una sfida che c’eravamo ripromessi di portare avanti e che stiamo realizzando anno dopo anno. La dedica a Gioacchino Ersoch, ultimo dei grandi architetti pubblici a realizzare la Girandola proprio al Pincio, svela una pagina della nostra Storia culturale che era stata dimenticata per troppi anni. L’innovazione e la tradizione trovano mirabile sintesi nella Girandola uno spettacolo imperdibile per i romani e i turisti che ci ricorda la nostra identità cristiana e ci permette di celebrare la festa nel duplice aspetto sacro e profano ʺ.

 

Giuseppe Passeri

Ideatore e progettista della “nuova” Girandola

Il progetto della Girandola 2017 proporrà quelle scenografie fantastiche ideate dall’architetto Ersoch, anche senza l’apparato effimero. Gli artifizi pirotecnici pensati dal cav. Giuseppe Passeri saranno ideati per esaltare l’apparenza dei volumi degli edifici effimeri che ovviamente non ci sono, ma conferiranno in maniera illusionistica sostanza materica alle architetture effimere concepiti dal grande architetto Ersoch e rappresentati attraverso la magia del fuoco d’artificio, creando un vero gioco di disegni onirici, fantastici e di strutture, laddove c’è solo lo spazio e il nulla. Questa edizione sarà anche un passaggio della Girandola del futuro. Il gruppo Nona Invicta, infatti, si è immerso in profondi studi scientifici contemporanei, aventi come oggetto la scienza della luce. Si sa, pertanto, che sfruttando l’eccitazione delle molecole sotto una determinata temperatura, si generano radiazioni elettromagnetiche che cadono nella regione del visibile. La stessa cosa avviene nella preparazione degli artifizi pirotecnici, dove una giusta e attenta temperatura genera nella miscela determinati effetti che noi vediamo come colore. Conoscendo, dunque, determinati parametri si possono preparare colori ed effetti del tutto nuovi e futuristici, traguardo questo, raggiunto dopo lunghe prove e in modo empirico dal Gruppo IX INVICTA.

 

LA DEDICA A GIOACCHINO ERSOCH

Giunta all’undicesima edizione, come afferma Passeri nel suo progetto, la “maravigliaʺ del tempo è dedicata a Gioacchino Ersoch, l’ultimo architetto pubblico che nel 1887 realizzò proprio al Pincio una delle scenografie pirotecniche più affascinanti ed interessanti dell’epoca, l’ultima prima che la rievocazione scomparisse definitivamente nell’oblio. Fin dal 1871, continuando l’opera di Poletti, Ersoch si era occupato dell’abbellimento della passeggiata del Pincio. A partire dal 1887 gli spettacoli pirotecnici vennero riportati sulle terrazze pinciane anche perché la forte corporazione dell’alto magistero dei Focaroli che a Roma era molto potente premeva sul cambiamento del sito, affinché le nuove frontiere raggiunte nel settore pirotecnico fossero messe in mostra nella festa simbolo della Girandola, autentico palcoscenico in questo settore dell’intera Europa. Ne “La passeggiata del Monte Pincio ridotta a Villa Reale” del 1887 l’architettura che prende come schema i modelli esotici del Vespignani, era costruita da una grande facciata moresca con un grande padiglione centrale, affiancato da avancorpi e da due padiglioni di forme tra loro diverse, posizionate in modo autonomo lungo le rampe di risalita. Sarà proprio questa macchina pirotecnica a essere presa come oggetto di rievocazione storica dei fuochi d’artificio di quel tempo dal Gruppo IX INVICTA per la realizzazione della Girandola 2017.

L’appuntamento è dalle ore 20,00 in piazza del Popolo, con la Banda dell’Esercito Scuola Trasporti e Materiali della Cecchignola e una rappresentanza del reggimento dei lancieri di Montebello (8°)

per l’intrattenimento del pubblico.

Durante l’attesa de la Girandola l’attore e presentatore Daniele Coscarella, voce ufficiale de La Girandola, gestirà il programma che alternerà i saluti istituzionali e degli sponsor a dei momenti di spettacolo con Nausicaa Policicchio riconosciuto soprano drammatico, con una rilevante carriera internazionale, che si è esibita anche nel concerto per Papa Francesco in Vaticano. Alla musica si uniranno le letture di Leonardo Petrillo, attore regista e autore teatrale che leggerà dei brani sulla Girandola.

LA III Edizione “La Coppa della Girandola”

 

Torna quest’anno alle 17,30 la terza edizione de La Coppa della Girandola, la tanto attesa regata di canottaggio istituita nel 2015 dal Reale Circolo Canottieri Tevere Remo con il supporto del Comitato Regionale Lazio della FIC e la partecipazione dei Circoli Storici romani.

Alla competizione parteciperanno- per assicurarsi l’ormai prestigiosa Coppa Challenge de la Girandola- oltre alla Tevere Remo, fino a due armi per ciascuno, il Circolo Canottieri Aniene, il Circolo Canottieri Lazio, il Circolo Canottieri Roma, Circolo Canottieri Tirrenia Todaro, Canottieri Navalia.

Il campo di gara, su una distanza di circa mt. 450, è il tratto compreso fra Ponte Cavour e Ponte Regina Margherita con l’arrivo allo storico galleggiante San Giorgio della Tevere Remo.

 

IL CONTEST FOTOGRAFICO

Si rinnova nuovamente l’appuntamento con il contest di arti visive realizzato nell’ambito delle iniziative promosse in occasione della Girandola.

I partecipanti sono chiamati ad immortalare, utilizzando dal pennello alla macchina fotografica, l’antica rievocazione storica.

Le opere raccolte saranno visibili sulla pagina Facebook ufficiale della Girandola: le tre che riceveranno i maggiori apprezzamenti dagli utenti, saranno sottoposte al giudizio tecnico del comitato tecnico-scientifico presieduto da Robbi Huner. 

ORGANIZZAZIONE e REALIZZAZIONE della Rievocazione Storica della Girandola© di Roma:

Gruppo IX INVICTA – www.nonainvicta.it

Ringraziamenti:

Volontari della Protezione Civile “Forza di Intervento Minacce Ambientali”, Servizio di Sicurezza del Gruppo IX Invicta per Grandi Eventi e Associazione Carabinieri in congedo martiri di Nassiriya per il servizio che svolgeranno e Protezione Civile di Roma Capitale.

Roma, 27 Giugno 2017

 

Mostra “Fuoco o della Rigenerazione” | Biblioteca Angelica – Galleria | Roma MAGGIO 2017

PRESENTAZIONE

FUOCO o della Rigenerazione

Fuoco: Energia, Radiante, Universale, Eccitabile, Entusiasta, Luminosa, Calda, Spontanea e Mobile.

I quattro elementi sono le basi sulle quali si forma l’uomo nell’Universo, tanto nel corpo fisico quanto nello spirito.
Il fuoco interagisce col corpo eterico o vitale, fungendo da mutante dell’elemento aria (campo mentale) acqua (campo emotivo)
aiutando a sostenere le funzioni del corpo fisico (terra).
Lo si percepisce mediante immagini e lampi improvvisi di intuizione con una forte combinazione di volontà, desiderio e necessità
interiore cambiamento esistenziale.
È la creazione e la distruzione, la vita e la morte, l’incontro e il mancato incontro, la riflessione dell’anima umana e la libidine.
È ciò che unisce e separa la materia dallo spirito.
È la luce, la coscienza, il sole, la solitudine, l’amore, la passione, la purificazione.
É l’energia, il colore rosso, la potenza, l’azione, la creatività, la linfa, il sangue che scorre nelle nostre vene.
Muta l’ombra in luce: è rapido, secco, dinamico e attivo.
Rappresenta la forza intraprendente a tutti i livelli.
É l’Arabe Fenice che elimina ciò che esiste per ricrearlo in una nuova dimensione.
Il fuoco distrugge i corpi, ma, a sua volta, spazza, divora i residui e le impurezze rigenerando tutto al suo passaggio al fine di evolversi.
È la forza della trasformazione che l’essere umano utilizza alla ricerca della conoscenza e della spiritualità.
Trovare la strada per la pace e la serenità è un regalo magnifico per colui che apre la propria coscienza e decide che c’è di più, molto
di più, intorno a lui.
È il fuoco interiore che, al suo passaggio, rigenera tutto.
Mediante questo lavoro, voglio condividere con tutti voi questa esperienza con la convinzione che siamo creatori delle nostre stesse
vite.

Maria Pacheco Cibils

“La morte in fiamme è la meno solitaria delle morti. È la vera morte cosmica, nella quale insieme al pensatore tutto l’Universo si annienta. Il fuoco è compagno dell’evoluzione.”

Gaston Bachelard

Maria Pacheco Cibils e i suoi rossi RUBEDO | di Barbara Martusciello

E’ una curiosa coincidenza quella che mi pone di fronte a una serie di opere caratterizzate dal colore rosso, perché da tempo porto

avanti lezioni su questo specifico soggetto, oltre ad aver curato mostre anch’esse basate su questo magnifico tema, che ha origine lontanissima e simbologia ramificata. Per restare in ambito meno remoto, basti citare Vassily Kandinsky che nel suo Lo Spirituale nell’Arte (pubblicato nel 1912 a Monaco dall’editore Reinhard Piper) indica il rosso caldo e dilagante come causa di una vibrazione psichica, forza che agisce nell’interiorità in modo vitalissimo, vivace, irrequieto. Un’irrequietezza che la pittura di Maria Pacheco Cibils ordina e rende positiva sulla tela, strutturando pennellate, segni, gorghi e impasti in una pittura trionfante che pare fatta ad occhi chiusi per “poter vedere” più intensamente (“Io chiudo i miei occhi per poter vedere”, cit. Paul Gauguen).

Le radici più manifeste di queste composizioni, costruite tinta su tinta, con densità cromatiche vivide, gestuali e dilaganti, sono indubbiamente rilevabili in quel memorabile corpo a corpo con la pittura di appartenenza Informale; più in dettaglio, in quell’Action Painting americana riferibile, più di altri, a Clyfford Still, il gigante dell’azione pittorica che evocava crepacci, fenditure. Tale riferimento prende in Maria Pacheco Cibils una strada diversa, tutta sua, fatta delle proprie esperienze e della sua vita che entra parcellizzata nei suoi quadri e si mescola ai codici dell’arte. Insomma: quella versione storica, necessaria e soggettiva, di un “io” portato “sul” e “nel quadro” – come si diceva allora –, che, pur dando pura astrazione, pensiero, noumeno, faceva inevitabilmente i conti con l’emotività del singolo nella quale ritrovare anche quella di generazioni e della società di allora, ebbene: qui torna. Nelle superfici della nostra artista riappare, sì, ma con aspetti peculiari, riattualizzando nel tempo di oggi quel fervore come in uno specchio inattuale; si fa dunque, linguaggio altro, incrementato da componenti inedite: di genere. Ecco, così, che ci confrontiamo con un singolare femminile in cui emergono la passione e la gioia, il trionfo di una grammatica visiva che parla tante lingue del mondo. Sono quelle dell’Argentina, del Portogallo e dell’Italia, nazioni che sono culla di Maria Pacheco Cibils che ne ha tratta linfa per dare vigore al suo lavoro artistico; in esso sembrano richiamati rituali della trasformazione: antichi, alchemici ma anche della pittura; ciò perché la creatività ha sempre a che fare con la metamorfosi, come celebrano queste opere, che indicano pure che il percorso portante intrapreso dalla loro formidabile artista è quello della semplificazione, di un palesamento ma anche di un desiderio di appianamento delle apprensioni interne ed esterne all’opera. Dove la selezione cromatica ha profonda importanza.

 

Se “ogni elemento ha un suo colore” – come credeva Paracelso – e si deve badare “con cura al colore elementare che predomina”,

è il rosso a farlo, in queste opere, in cui si dipanano le molteplici valenze metaforiche di questa nuance in tutte le sue declinazioni: lo spirituale e il materiale, l’allarme e l’allarmante, la guerra, il sangue, l’amore, la gaiezza, il calore, la fiamma, laviche incandescenze, la congiunzione degli opposti… Tutto è adottato da Maria Pacheco Cibils come in una festa primordiale nella quale intravedere il rosso dinamismo riunificatore di Gea, feconda energia della terra e della materia ma anche fuoco sacro della creatività. Tra gradazioni carminio, pompeiano, porpora, vermiglione cinabro, saturno, scarlatto, magenta, minio, corallo, cadmio, cremisi fino all’amaranto, al granata, al bordeaux è tutta una celebrazione del rubedo, di una sorta di sposalizio degli opposti pacificati che possono accettare di contenere, su questi grandi quadri, il nero; elemento, questo, della consunzione ma anche del mistero, dell’origine e dell’originario, per nulla negativo, bensì tinta saturnina che contempla la rinascita, e dunque il rapporto con il rosso – nuovamente! – con cui sembra danzare sulla superficie pittorica. Sono solo apparenti le lacerazioni in nero che individuiamo sulla tela: se di fenditure vogliamo parlare, se fossero semmai tali, sarebbe da lì che – parafrasando Leonard Cohen di Anthem (in The Future, 1992) – potrebbe entrare la luce. Luce che ad ogni modo domina nelle mescolanze di Maria Pacheco Cibils: nel colore, negli accostamenti, nel materismo tonale e nell’uso della pittura.

 

La suprema radicalità del rosso | di Adriana Almada

La simbologia del colore è stato un elemento chiave quando consideriamo il fattore pittorico a partire dalle primitiva espressioni nelle caverne fino alla pratica contemporanea. Se c’è un colore la cui energia sembra inondarlo tutto questo è il rosso. radicale, estremo, carico di simbolismo, il rosso è parte della nostra vita. Si dice che è stato il primo colore designato dall’essere umano data la sua vicinanza con due elementi fondamentali per l’esistenza: il fuoco e il sangue.

Nel corso della storia e attraverso le differenti civilizzazioni, il rosso ha acquisito distinti significati e persino contraddittori, che vanno dall’erotismo, la passione, la minaccia, l’ira e la violenza fino alla più alta aspirazione mistica, così come la nobiltà, la ricchezza e la felicità.

Sì, il rosso è fuoco. Però non solo il fuoco della catastrofe ma anche il fuoco spirituale che propizia stati elevati di coscienza. La recente suite pittorica di María Pacheco Cibils sembra trattenersi in questa istanza del rosso. Dal tratto deciso e fine fattura, le sue tele esibiscono le differenti gradazioni del colore, dalla sfumatura subitanea appena contaminata di giallo fino al già macerato che si volge al porpora scuro o all’ocra melanconico. Si dice che il rosso ha più di cento tonalità l’artista si immerge in esse, esplorando le sue possibilità cromatiche e simboliche. Le sue tele rivelano zone instabili che vanno dalle profondità ignee della natura fino alle fiamme della consumazione spirituale. Così, potremmo vedere in questa suite le vicissitudini di un percorso interiore.

Sarebbe troppo semplicistico rimandare all’astrazione quando si pensa che la pittura di María Pacheco Cibils. Le sue superfici dilatate assumono il profilo dell’umano nelle sue lotte e fallimenti, nelle sue tentazioni e utopie. E lo fanno, nel silenzio statico della esplosione-implosione di un rosso che avanza coprendolo tutto. Come la vita. Come la morte. Come la notte e il giorno.

COMUNICATO STAMPA

Maria Pacheco Cibils
“Fuoco o della Rigenerazione”
Testo critico in catalogo di Barbara Martusciello

24 maggio 2017 ore 18.00 | Biblioteca Angelica – Galleria | Roma

Mercoledì 24 maggio 2017 alle ore 18.00 si inaugura a Roma la mostra di pittura “Fuoco o della Rigenerazione” dell’artista argentino-portoghese Maria Pacheco Cibils,con una presentazione in catalogo di Barbara Martusciello,presso le sale della Galleriadella Biblioteca Angelica (MiBACT), prestigioso spazioespositivoadibito alle mostre di arte contemporanea.

Maria Pacheco Cibils presenta, in questa sua prima esposizione personale in un ambito istituzionale, ventotto dipinti di grande formatoappartenenti ad una serie centrata su uno dei quattro elementi naturali: il Fuoco. Sono composizioni costruite essenzialmente tinta su tinta, con pennellate materiche, segni, vortici etexture organiche, densità cromatiche nitide e dinamiche, dalle quali traspare una irrequietezza positiva, un fuoco interiore che possiede forza rigeneratrice.

Sono evidentii riferimenti alla pittura informale, in particolare all’Action Painting di Clyfford Still, i quali tuttavia si mescolano con le esperienze personali dell’artista, attiva tra Argentina, Portogallo e Italia.

In tutte le opere esposte, il Fuoco è dunquesimbolo di luce, coscienza, solitudine, amore, passione, energia, creatività, distruzione e purificazione.È metafora della forza di trasformazione dell’essere umano alla ricerca della conoscenza e della spiritualità.

Maria Pacheco Cibils è una designer e artista argentino-portoghese. Il suo lavoro spazia tra architettura di interni, ristrutturazioni, ambientazioni, scenografie, realizzazione di abiti, costumi di scena, oggetti d’arte e gioielli, pitture e installazioni.Ha realizzato numerose presentazioni e performance per pittori e fotografi. Creatrice di vari marchi, ha sviluppato prodotti e grafica degli stessi in Argentina, Paraguay e Italia.Attualmente lavora tra Italia e Argentina.

FUOCO, o della Rigenerazione Oltre 2000 visitatori alla prima italiana dell’artista Maria PachecoCibils

Un elemento naturale che scuote il cielo e fa tremare la terra, che annienta l’acqua, ma la riassume e la riconsidera in sé. Un’esplosione e poi il calore:“Fuoco” èla passione travolgente, il colore rosso che arde, il brio che si spande, l’anima che affonda e la mente che sprofonda.

Ha riscosso enorme e inaspettato successo “Fuoco, o della Rigenerazione”, l’esposizione a firma di MariaPachecoCibils, l’artista dalla doppia origine argentino- portoghese così orgogliosamente mostrata, che ha animato la Galleria d’Arte Contemporanea della Biblioteca Angelica di Roma dal 24 maggio all’11 giugno scorsi. Oltre 2000 i visitatori che hanno potuto godere di un tema rivisitatoin maniera inedita e passionale, nato dall’estro creativo di una delle artiste più interessanti del panorama internazionale:come un vulcano in eruzione,il suo gesto rapido -che la fa avvicinare alle soluzioni estreme dell’Action Painting – è pronto a distribuire la propria lava emotiva e incandescente sullo sguardo dello spettatore.

Sono televeloci, ma al contempo meditative, infatti, quelle della pittricedalla caratura unica, per la prima volta in Italia in ambito istituzionale: la nutriva da molto tempo, Maria, la volontà di operare con l’unico elemento che mira verso l’alto, il più puro secondo la lezione aristotelica, e sulla continua ricerca stilisticadella forma/non forma.

E per farlo – nei ventotto dipinti di grande formato in esposizione – da novella Prometeoquale si è rivelata,ha approfondito il celebre pensiero di Eraclito, secondo cui “il fuoco è un’entità che mutando resta simile” e il suo soggetto, assurgendo a grande metafora esistenziale, si è così mutato nella forza di trasformazione dell’essere umano alla ricerca della conoscenza e della spiritualità.

L’intera produzione è così risolta nellostudio di un elemento archetipo forgiato e levigato, come fosse la fucina di un fabbro che con sapiente maestria, con la consapevolezza che ogni forma è già esistente in natura, riesce a coinvolgere colui che guarda. È così che lungo il corridoio si sono alternate composizioni equilibrate,costruite essenzialmente tinta su tinta, con pennellate materiche, segni, vortici e texture organiche, densità cromatiche nitide e dinamiche.

Una poetica quasi mitologica già ben delineata, dunque,dalla quale traspare un’irrequietezza positiva, ispirata allaforza e alla potenza di tutti gli elementi naturali, muse ispiratrici di questa nostra artistadalla potente attività creatrice.

Numerosa la rappresentanza dei Vigili del Fuoco, accorsa all’esposizione, eroi di ogni giorno che, al contrario, hanno a che fare contro la furia devastatricedi Efesto: «Per me il fuoco è un amico – ha tenuto a chiosareloro l’artista– l’elemento che contiene in sé anche il suo contrario. È il fuoco della rigenerazione, appunto, che brucia tutto il superfluo per giungere all’essenza: per questo motivo sento che la mia riflessione non è ancora finita, sento di dare ancora molto a questo soggetto che vivo nella mia intimità come la sublimazione perfetta dei luoghi che mi hanno generata e in cui ho trovato la possibilità di esprimermi come artista e come donna».

Un percorso che non è mai uguale a se stesso, dunque, che fa dello slittamento di significato e del rovesciamento di prospettiva il tema centrale della riflessione pachechiana e della sua produzione artistica.«Il mio atto creativo è complesso e non si ferma soltanto all’osservazione – continua la Pacheco–Le mie sono figure che ho nutrito nell’anima sin da bambina: ho portato dentro la mia terra di fuoco, fino a farla confluire con l’espressione naturale più alta, ovvero l’esplosione in cima al vulcano…  ».

Dopo il momento espositivo, Maria PachecoCibils, da novella demiurga, si è concessa, infatti, una lunga parentesi contemplativaattraversando i campi lavici del Meridione d’Italia, per approfondire le dinamiche che si celano dietro al fuoco che forgia la terra.È in questi luoghi che il “più puro”, la sua fiamma, impatta le nostre vite, giungendo a riequilibrare e recuperare l’intimo legame con la natura.

Non finisce, dunque, la ricerca di questo “fuoco interiore”, l’unico che nasconde ed esprime in sé il suo esatto contrario, perché, in fondo, come all’estremità di quel corridoio, la lava nera diventa mare al tramonto con riflessi lunari, dando vita a immagini che si traducono in pure emozioni…

 

Il catalogo della Mostra è edito in tre lingue Italiano Spagnolo e Portoghese dalle Edizioni Sabinae (che potete raggiungere cliccando sull’immagine) ed acquistabile online.

 

MOSTRA ” FUOCO INTERIORE” | ROMA ART WEEK | OTTOBRE 2016

FUOCO INTERIORE | Un progetto di Maria Pacheco Cibils

“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”
Voltaire
Fuoco: asciutto, caldo, ascendente, mobile, rosso, mutante.
Questo lavoro forma parte di una se rie dedicata al fuoco, fuoco come luce interiore che attiva la creatività.
La pittura è il mezzo come linguaggio della vita, della materia e del co rpo, come linguaggio espressivo, luminoso e poetico.
All’entrare in uno stato di sil enzio e osservazione dell’io profondo, attraversiamo il cammino che ci conduce all’intimo dell’essere.
E’ qui comincia a sorgere in totale purezza l’e nergia vitale, che con forza impetuosa si traduce in essenza, coraggio, emozione, sensi bilità, autenticità e illumina la coscienza.
Un viaggio interiore e profondo, che conse nte a tutto ciò che è latente di risvegliarsi e di trasformarsi, giocando con i colori, “texture” e luci, scoprendo nuove strade e nuove dimensioni